RUBY

Povero Silvio

Povero Silvio

Povero Silvio. Di intercettazioni ne abbiamo lette tante, in questi anni. Ma fa impressione ascoltare la telefonata in cui due ragazze delle “cene eleganti” torchiano, pressano, chiedono, minacciano, impongono. Berlusconi, senatore della Repubblica, ex presidente del Consiglio, grande imprenditore, padrone delle tv italiane, ascolta, subisce, contrattacca, minimizza, argina. È in balia delle ragazze, che vogliono soldi, li esigono, li pretendono. E lui prende tempo, promette bonifici, chiede un incontro “ad Arcore sabato mattina”. Vittima del grande gioco del bunga-bunga che egli stesso ha creato e gli è sfuggito di mano.

È il 20 giugno 2013. Dal telefono di Alessandra Sorcinelli, una delle ragazze del bunga-bunga, parte una telefonata per Silvio Berlusconi. A fianco di Alessandra c’è Barbara, Barbara Guerra, che delle feste di Arcore è una delle ospiti più assidue. Le due registrano la telefonata e si filmano con lo smartphone. È una delle undici conversazioni depositate dai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio nel procedimento, chiamato Ruby 3, in cui Berlusconi e altre 30 persone sono accusate di corruzione giudiziaria e falsa testimonianza: soldi in cambio di bugie ai giudici sulle “cene eleganti”.

E di soldi si parla, nella telefonata. Alessandra vuole il denaro promesso per andare in America, a Miami. Silvio replica che ha già dato mandato al fido ragionier Spinelli. “Ma Spinelli dice di no”, urla Alessandra. Silvio ribatte che ha già sborsato “160 mila euro per gli arredi di Barbara”. A questo punto è Guerra: “Io sono stanca di essere presa per il culo, sono Barbara, scusami il termine. Sono veramente stanca”.

Guerra abita in una delle due ville da 1 milione di euro a Bernareggio, alle porte di Milano, che Berlusconi ha dato in uso gratuito ventennale alla ragazza. “Ma quella non è casa miaaaaaaa…” grida strascicata Barbara, che evidentemente vuole una soluzione definitiva. “Venite sabato ad Arcore”, dice intimorito Berlusconi. “Sì, così ci racconti ancora le barzellette…”. Dopo aver alzato la voce, le due si convincono. Andranno ad Arcore. Ma prima si aspettano un bonifico. “Cinquanta”. “Sì, cinquanta a testa”.

Il Fatto quotidiano, 14 maggio 2016
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