POLITICA

Sala, le tragicomiche toppe (peggiori del buco)

Sala, le tragicomiche toppe (peggiori del buco)

Tragicomico balletto sulla trasparenza, protagonista Giuseppe Sala. Il candidato sindaco del Pd a Milano, incalzato dal Fatto quotidiano, rivela di avere un conto in Svizzera, che gli serve per gestire le spese di una casa a Pontresina, nei pressi di Sankt Moritz. Il Fatto (e altri giornali) gli fanno osservare che quella casa svizzera non l’ha segnalata, nella dichiarazione giurata e obbligatoria ai sensi della legge sulla trasparenza per i manager pubblici. Una “dimenticanza” che rende falsa la dichiarazione e ha dunque effetti anche penali. Sala replica: “Semplice dimenticanza, la casa svizzera l’ho segnalata nella dichiarazione dei redditi”. E lo dimostra mettendo a disposizione il suo 730.

Come si dice, peggio il tacon del buso: guardando il 730 scopriamo che c’è la casa svizzera, ma anche una partecipazione da 1 milione di euro in una società in Romania. Anche questa “dimenticata” nella dichiarazione sulla trasparenza. Poi il settimanale Panorama rivela un’ulteriore “dimenticanza”: la partecipazione a Kenergy, una società che fa fotovoltaico in Puglia. A questo punto, Sala, incalzato anche dal candidato Cinquestelle Gianluca Corrado, pubblica le dichiarazioni dei redditi degli ultimi cinque anni e un elenchino di tutte le sue attività e proprietà: casa e conto in Svizzera, villa a Zoagli, società in Romania, società in Puglia. Mi immagino i poveri professionisti della comunicazione che lo assistono: ma non potevi farlo prima, benedett’uomo, questo elenchino?

Resta un problema: dichiarazione dei redditi e dichiarazione per la trasparenza sono due cose distinte. Dalla prima, fatta all’erario, comprendiamo se uno è o no un evasore fiscale. Dalla seconda, fatta ai cittadini, sappiamo se uno è trasparente o no. Se la prima è vera, significa che la seconda è falsa. I giornali che lo sostengono hanno applaudito la meravigliosa trasparenza di Sala che pubblica i suoi 730 e hanno preso per buone le sue spiegazioni: “dimenticanza”, “errore materiale”. In realtà le dichiarazioni dei redditi sono la prova che Sala nella dichiarazione sulla trasparenza ha mentito ai cittadini. La falsa dichiarazione ha anche conseguenze penali e la Procura dovrà indagare Sala per questo, non potendo accontentarsi della spiegazione “dimenticanza” o “errore materiale”.

Ma la cosa davvero grave è l’aver mentito ai cittadini, dimostrando una leggerezza, una mancanza di senso civico, che lo rendono davvero inadatto a fare il sindaco. Nel momento in cui ha firmato “sul suo onore” la dichiarazione sulla trasparenza, ha dimenticato casa e conto in Svizzera, società in Romania, società in Puglia. Come farà a ricordare i suoi doveri, se diventerà sindaco?

Ieri, poi, ennesima puntata di un’altra tragicomica vicenda, quella sulla trasparenza dei conti di Expo. Sala li ha portati ieri ai liquidatori di Expo spa. In pieno conflitto d’interessi: ex amministratore delegato (controllato) e possibile futuro sindaco (controllore). E perché li ha portati solo ieri? Perché ha continuato a dire che ormai lui non c’entrava più nulla, dopo le sue dimissioni da Expo del 18 febbraio 2016? Ora dice: i conti sono meglio del mio stesso preconsuntivo. E va bene, bravo. Riapriamo la discussione sul patrimonio netto 2015 che sarà 20 milioni invece di 14. Tecnicalità contabili.

Resta che Expo è costato 2 miliardi (1,252 milioni il sito, 800 circa la gestione dei sei mesi di evento). E i ricavi sono stati di soli 700 milioni circa. Resta che Sala ha chiuso tutti i bilanci in perdita, anche quello del 2015 che con biglietti e sponsor avrebbe dovuto essere in attivo e recuperare almeno in parte le perdite degli anni precedenti. Resta che Sala non ha lasciato in cassa i soldi necessari (circa 50 milioni) per smontare i padiglioni e liquidare la società. Resta che ancora non ci ha detto quanti sono stati gli ingressi veri, quelli certificati dai tornelli elettronici. Né gli incassi veri, non il numero dei biglietti venduti ai grossisti che non li hanno piazzati e ora non vogliono pagare o chiedono sconti.

Che pasticcio. Chissà se Matteo Renzi si sta pentendo di aver scelto Sala.

Il Fatto quotidiano, 20 aprile 2016 (versione ampliata)
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