POLITICA

È a destra e a sinistra, ma non è più la Cl di una volta

È a destra e a sinistra, ma non è più la Cl di una volta

Non c’è più la Cl di una volta. Un tempo Comunione e liberazione era un gruppo compatto. Chi ne faceva parte viveva un’esperienza religiosa forte e, nello stesso tempo, riceveva indicazioni univoche anche per orientarsi nel mondo: in quello del lavoro e degli affari e in quello della politica. È vero che chi faceva politica (da Roberto Formigoni ad Antonio Simone, da Maurizio Lupi a Mario Mauro) impegnava se stesso e non il movimento ecclesiale. Ma è anche vero che il movimento ecclesiale c’era, silenzioso e compatto, dietro le loro scelte. Dava indicazioni di voto. Aveva i suoi candidati. Garantiva una dote consistente di preferenze.

Ecco: tutto questo non c’è più. Da tempo, ma le elezioni amministrative del prossimo giugno rendono del tutto visibile la diaspora politica di Cl. I candidati che provengono dal movimento li troviamo sparsi in tante liste, nel centrodestra ma anche nel centrosinistra. Milano è il laboratorio del nuovo corso: c’erano uomini di Cl nelle liste di tre candidati, Giuseppe Sala (centrosinistra), Corrado Passera (centro), Stefano Parisi (centrodestra). Poi Passera si è unito con Parisi, ma resta la equanime distribuzione dei ciellini. E, come diceva Er Piotta, comunque vada sarà un successo.

Negli anni Sessanta c’è stata la fine dell’unità politica dei cattolici. Ora c’è la fine dell’unità politica dei ciellini. Per capirlo, bisogna comprendere la svolta impressa al movimento da don Julián Carrón, il successore di don Luigi Giussani: “Si è scambiata la testimonianza con l’egemonia”, dice. E spiega: “Testimonianza vuol dire che, se ho il potere di nominare un primario in ospedale, nomino il più bravo; egemonia vuol dire che nomino uno di Cl”. È il contraccolpo dello scandalo sanità in Lombardia che ha mandato sotto processo Formigoni, il più visibile dei ciellini in politica.

Così dentro il movimento è cresciuta un’ala che, con Carrón, privilegia la scelta religiosa e snobba l’impegno in politica. Restano in campo gli uomini che provengono da Cl e che sono impegnati nei partiti: ma ognuno rischia per sè. Mauro ha provato l’avventura di Scelta civica. Lupi è in Ncd. Altri sono restati in Forza Italia o provano il Pd. Come a Bologna. O a Torino, dove il centrodestra sembra inesistente e Silvio Magliano, consigliere comunale di Area popolare ed erede politico di Giampiero Leo, discepolo storico di don Giussani, è nella lista dei Moderati. Sostiene il sindaco Pd Piero Fassino, che, se non vince al primo turno, dovrà vedersela al ballottaggio con la Cinquestelle Chiara Appendino.

A Milano con Sala c’è l’ingombrante ex vicepresidente della Compagnia delle opere Massimo Ferlini, che però per evitare polemiche ha rinunciato alla presenza nella lista Sala, sostituito dall’avvocato Ernesto Sarno. A sostenere Parisi ci sono ciellini nella lista di Lupi, Milano popolare (che maschera l’Ncd); ma anche in Forza Italia, che schiera Luigi Amicone, il direttore di Tempi (nella foto). “È finita l’onda d’urto del movimento”, spiega. “Ora le preferenze te le devi cercare. Ognuno s’impegna dove vuole, sapendo che la politica non è la cosa fondamentale della nostra vita e mantenendo l’amicizia con chi è schierato da un’altra parte”.

A Roma la situazione è così complicata che il movimento non schiera personalità visibili, ma divide i suoi voti tra Roberto Giachetti, Giorgia Meloni e Alfio Marchini (in attesa di capire la sorte di Guido Bertolaso). A Napoli liberi tutti. Nella laica Trieste il movimento è debole. Insomma: Cl in politica cerca un centro di gravità permanente.

Il Fatto quotidiano, 28 aprile 2016
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