AFFARI

Ansaldo ai giapponesi: ok, il prezzo non è giusto

Ansaldo ai giapponesi: ok, il prezzo non è giusto

Perquisite ieri le sedi di Finmeccanica (a Roma), Ansaldo Sts (a Genova) e Hitachi Italia (a Napoli). Alla ricerca di documenti sulla cessione di Ansaldo Sts da Finmeccanica, controllata dallo Stato, al gruppo giapponese Hitachi. L’ordine è partito dal pm di Milano Adriano Scudieri, magistrato del pool reati economici coordinato dal procuratore aggiunto Francesco Greco, ed è stato eseguito dal nucleo valutario della Guardia di finanza guidato dal generale Giuseppe Bottillo. L’operazione di cessione era stata segnalata dalla Consob, l’Autorità di controllo dei mercati finanziari, che aveva rilevato una “collusione” tra venditore e acquirente, per determinare il prezzo della cessione.

Nel novembre 2015, Finmeccanica aveva venduto ai giapponesi di Hitachi la AnsaldoBreda (produzione di treni: il Frecciarossa, per esempio) e, insieme, il 40 per cento di Ansaldo Sts (sistemi di segnalamento del traffico). Il prezzo totale, 791 milioni, era la somma della cifra dichiarata per la prima (30 milioni) e la seconda (761 milioni). Ma AnsaldoBreda, che negli ultimi anni ha accumulato perdite per oltre 1 miliardo di euro, ha di fatto valore negativo, mentre la Sts è un gioiellino (nel 2016, previsti ordini fino a 2 miliardi di euro e ricavi per 1,4 miliardi) e dunque vale ben più della cifra dichiarata. Il totale dei due “prodotti”, dunque, potrebbe nascondere una compensazione: alzo il prezzo dell’uno e abbasso quello dell’altro.

Con un esito carico di conseguenze: diminuire il valore dichiarato della Ansaldo Sts, a tutto vantaggio del compratore. Perché Hitachi, dopo aver acquistato il 40 per cento da Finmeccanica, aveva lanciato l’opa sul restante 60 per cento. A un prezzo molto conveniente, quello dichiarato da Finmeccanica: 9,50 euro per azione, poi alzato da Hitachi a 9,68 euro.

Avevano subito protestato due soci di minoranza, Amber Capital e Bluebell Partners, che si ritenevano danneggiati dalla riduzione di prezzo, che a loro dire avrebbe dovuto essere attorno ai 14-15 euro ad azione. A questo punto era intervenuta Consob che aveva riscontrato un accordo “collusivo” tra Finmeccanica e Hitachi, tra venditore e compratore, e aveva imposto un rialzo fino a 9,89 ad azione. Qualche giorno fa l’opa si è conclusa, con risultati non brillanti: Hitachi ha raccolto solo il 6,42 per cento del capitale (oltre al 40 già portato a casa), arrivando così al 46,48 per cento, senza conquistare il controllo della società.

Intanto erano partiti i ricorsi al Tar del Lazio. Da una parte, Amber e Bluebell avevano chiesto al Tribunale amministrativo regionale di stabilire che il prezzo dell’opa era troppo basso. Dall’altra, Hitachi sosteneva che era invece troppo alto e che era ingiustificato il rabbocco imposto dalla Consob. Il giudice amministrativo monocratico il 18 febbraio aveva dato ragione ai giapponesi. Decisione confermata ieri dal Tar in composizione collegiale: Hitachi ha comunicato dunque che pagherà a chi ha aderito all’opa solo i 9,68 euro ad azione proposti e non i 9,89 imposti da Consob. Ma finora si tratta solo di decisioni sulla sospensiva: nel merito del prezzo, il Tar prenderà una decisione solo fra un paio di mesi, il 17 maggio.

A occupare la scena, però, è arrivata nel frattempo l’inchiesta penale della Procura di Milano: per ora a carico di ignoti, ma ipotizzando i reati di aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza. Ora il magistrato e la Guardia di finanza esamineranno il materiale sequestrato, poi potranno arrivare le iscrizioni nel registro degli indagati.

Il Fatto quotidiano, 17 marzo 2016
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