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Allarme rosso, a Expo spa servono 40 milioni subito

Allarme rosso, a Expo spa servono 40 milioni subito A model aiplane is decorated with the "Expo 2015" colors to celebrate the partnership beetwen Alitalia, Etihad and Expo 2015 on October 20, 2014 at the Malpensa Airport. AFP PHOTO / GIUSEPPE CACACE (Photo credit should read GIUSEPPE CACACE/AFP/Getty Images)

Expo, allarme rosso. Entro fine marzo devono arrivare tra i 40 e i 50 milioni di euro, altrimenti la società rischia il collasso. Quasi 10 milioni ce li dovrebbe mettere subito il Comune di Milano, del quale l’ex amministratore delegato Giuseppe Sala vorrebbe diventare sindaco, continuando a dire che sui conti non c’è alcun problema. Eppure l’allarme e le cifre dei soldi che servono subito sono scritte chiare nei (pochi) documenti ufficiali di fine Expo spa in circolazione.

Non sono però oggetto di dibattito, come non lo sono il buco di bilancio 2015 (almeno 32,6 milioni, ma più prevedibilmente una cifra attorno ai 240 milioni) e il rosso del patrimonio netto finale (almeno 44,1 milioni, a cui si aggiungeranno i 200 milioni spesi per acquistare le aree che ora nessuno vuol pagare). Silenzio. A parte qualche tiepida protesta delle opposizioni di centrodestra e di sinistra e le dichiarazioni di Corrado Passera (uno dei candidati che sfidano Sala), nessuno osa contraddire l’ex amministratore delegato di Expo, che pure ha mentito su entrambi i punti, giurando che bilancio 2015 e patrimonio netto finale erano positivi.

Ora a questi si aggiunge un allarme immediato. Lo troviamo nel verbale dell’assemblea dei soci di Expo spa del 9 febbraio 2016, steso dal notaio Filippo Zabban, che scrive: “L’avvocato Aiello sottolinea che mancheranno risorse da qui a 20 giorni circa”. Domenico Aiello è il rappresentante della Regione Lombardia nel consiglio d’amministrazione di Expo spa e i 20 giorni scadono, fatti i conti, il 29 marzo. Interviene subito dopo Sala: “Conferma a sua volta che le risorse sono sufficienti per le prossime 3-4 settimane”. Dunque non oltre la fine di marzo 2016.

La relazione allegata al verbale aggiunge che, se – “come appare” – l’oggetto sociale di Expo spa comprende anche le attività di smantellamento, i soci “sono tenuti a disporre tempestivamente in merito ai contributi aggiuntivi per un ammontare pari a 48,3 milioni di euro per assicurare il regolare svolgimento della fase di smantellamento/demolizione”: non ci sono più soldi, insomma, per smantellare i padiglioni. Ma Sala ha dato le dimissioni e ora lascia che a gestire il buco siano altri.

Ancor più esplicite le tabelle allegate alla relazione. Quattro sono da brivido. La numero 12 sintetizza i dati del budget 2016 (fino a giugno, quando la società dovrà cessare): servono 39,8 milioni per le attività di smantellamento dei padiglioni e 18,7 per la chiusura aziendale. Totale: 58,5 milioni, che diventano 58,3 grazie ai ricavi del campo base (quello dove ci sono gli alloggi e le mense dei dipendenti).

La tabella 15 indica chi dovrà metterceli, questi soldi: 19,3 milioni il ministero dell’Economia; 9,7 la Regione Lombardia e altrettanti il Comune di Milano; 4,8 la Città metropolitana e altrettanti la Camera di commercio di Milano. Totale: 48,3 milioni. I 10 milioni che mancano dovrebbero arrivare da Arexpo (la società che possiede le aree usate per l’esposizione universale, ma che non ha una lira).

La tabella 9 aggiunge un ulteriore elemento: “In considerazione delle spese strutturali previste nei primi mesi 2016 (quantificabili in circa 4 milioni al mese), probabile ricaduta nelle previsioni dell’articolo 2447 del codice civile durante il mese di marzo”. L’articolo 2447 dice che quando una società arrivi ad accumulare perdite superiori a un terzo del suo capitale, deve abbattere il capitale sociale e procedere subito a un aumento di capitale per riportarlo al minimo legale.

La tabella 10, infine, mostra l’evoluzione delle disponibilità liquide di Expo spa. Positive fino a gennaio 2016, diventano negative da febbraio in poi: -5,9 milioni a febbraio, -56,3 a marzo, -82,6 ad aprile, -89,3 a maggio, fino al -88,4 di giugno. Profondo rosso. Una voragine. Le tabelle fanno poi un’ipotesi di costi del cosiddetto “Fast Post Expo”, cioè del progetto di utilizzare da subito, o almeno il prima possibile, alcune strutture dell’esposizione: il Palazzo Italia, i padiglioni del Cardo, l’Albero della vita, l’Open Air Theatre.

In questo caso, sarebbero necessari meno soldi, non 58,3 milioni, ma 38,8: 12,8 per la chiusura aziendale e 26 per supporto e interventi di smantellamento. Il resto, 19,5 milioni, sarebbe da rifatturare ad Arexpo. Però i soci di Arexpo (tra cui il Comune di Milano) sono gli stessi di Expo, quindi nella sostanza non cambierebbe nulla. Ma di tutto ciò nessuno sembra preoccuparsi, né chiederne conto a Sala.

Il Fatto quotidiano, 8 marzo 2016
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