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Al posto di Sala vogliono il boiardo condannato dalla Sec

Al posto di Sala vogliono il boiardo condannato dalla Sec

Se volevano trovarne uno con più problemi del precedente, ci sono riusciti: per sostituire Giuseppe Sala nel Consiglio d’amministrazione di Expo spa, il Comune di Milano ha scelto Alberto Lina. Un manager riaffiorato dalla Prima Repubblica che, in una carriera invidiabile per incidenti di percorso, è riuscito perfino a farsi mettere sotto accusa per insider trading dalla Sec, la commissione Usa di controllo sulla Borsa.

Lina, nato a Milano nel 1941, ingegnere, ha una carriera da centauro: mezzo boiardo nell’industria di Stato e mezzo manager in grandi gruppi privati. Comincia le danze nel 1968, alla General Electric Information System (ex Olivetti Informatica), continua a Telettra (gruppo Fiat), poi, nel 1982, approda all’Iri, come direttore generale di Ansaldo Elettronica Industriale. Nel 1991 va a fare il vicepresidente operativo della Technit di cui è vicepresidente e amministratore delegato Paolo Scaroni, poi rientra all’Iri con l’incarico di ristrutturare Iritecna. Nel 1996 salta alla Pirelli, dove diventa consigliere delegato di Pirelli Cavi e dove incrocia Giuseppe Sala. L’anno seguente rientra di nuovo in Iri, come vicepresidente e amministratore delegato di Finmeccanica. Se ne va nel 2002, incassando una buonuscita di 4 milioni di euro e lasciando una scia di voci e maldicenze che prenderanno corpo solo molti anni dopo.

Nel 2005 assume la guida di Impregilo, di cui è presidente Massimo Ponzellini. Il 27 giugno 2007 il Tribunale di Napoli sequestra alla sua azienda beni per 750 milioni. È la clamorosa indagine sui rifiuti che in quegli anni riempie le cronache italiane e non solo: Impregilo aveva vinto, otto anni prima, un appalto che la impegnava a costruire e far funzionare in Campania sette impianti per la produzione delle cosiddette “ecoballe”. Invece, niente: gli impianti non partono e Napoli trabocca di rifiuti. Il giorno dopo il sequestro giudiziario, il titolo Impregilo perde in Borsa il 14 per cento. Due settimane dopo, il 13 luglio, Lina è allontanato dall’azienda.

Si porta comunque a casa 3 milioni e 760 mila euro e completa “manleva” (cioè ogni eventuale richiesta di danni o sanzione pecuniaria o assistenza legale è pagata di Impregilo). Il disastro, insomma, è tutto a carico dell’azienda e dei suoi azionisti: al manager Lina, per due anni e due mesi di lavoro, in totale entrano (come racconta il libro La paga dei padroni di Gianni Dragoni e Giorgio Meletti) 10 milioni di euro, più altri 8 milioni di stock option, cioè azioni Impregilo ottenute a prezzo di favore e rivendute alla quotazione di Borsa. Il manager che alla sua azienda è costato 18 milioni per 26 mesi di lavoro lascia Impregilo tutt’altro che florida: il miglioramento dei conti esibito nel 2006 si rivela effimero e nel 2007 l’utile crolla da 141 a 41 milioni, con il fatturato fermo a 2,5 miliardi di euro e le azioni che scendono verso i 4 euro.

Due settimane dopo le sue dimissioni dorate, arriva la Sec. La commissione che vigila sulla Borsa Usa il 26 luglio 2007 lo accusa formalmente, insieme alla moglie Serenella, di insider trading, ovvero di guadagni illeciti in Borsa ottenuti sfruttando informazioni riservate. Gli contesta un’operazione fatta quando era in Finmeccanica. Nel 1998, l’azienda di Stato vende alla svizzera Abb la Elsag Bailey Process Automation (Ebpa), società quotata a Wall Street. I coniugi Lina sono accusati di aver guadagnato 152.425 dollari con la compravendita di azioni, sfruttando le notizie riservate che avevano sull’offerta di Abb. Il 2 dicembre 2009 il caso si chiude con il pagamento alla Sec di 381 mila dollari. A Lina è andata bene, perché il procedimento a suo carico riguarda fatti del 1998: la nuova legge americana sull’insider trading prevede pene fino a 20 anni di carcere.

Niente paura. Chi volete che vada a ripescare queste vecchie storie? Lina, a 75 anni, torna alla grande a occuparsi di partite delicate: c’è il bilancio di Expo da far quadrare, con Sala lanciato alla conquista di Palazzo Marino.

Il Fatto quotidiano, 27 gennaio 2016 (aggiornamenti 28 gennaio 2016)
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