POLITICA

Attento, Renzi. Il Sala di Varese ha perso

Attento, Renzi. Il Sala di Varese ha perso

Il candidato di Matteo Renzi è stato sconfitto, qui a Varese. Per un soffio – 29 voti – Davide Galimberti ha battuto Daniele Marantelli, parlamentare del Pd rimandato da Roma a Varese con la missione di vincere le primarie per il candidato sindaco del centrosinistra. Era sbarcato a Varese perfino il sottosegretario Luca Lotti, per mostrare chiaramente che Renzi voleva Marantelli. Niente da fare: ha vinto Galimberti. Toccherà a lui, ora, affrontare il candidato di centrodestra in una città in cui la Lega è sempre stata fortissima.

Si può guardarle come si vuole, ma queste prime primarie suonano come un campanello d’allarme per il gruppo dirigente renziano (lo stesso che alle primarie di Milano sostiene Giuseppe Sala contro Francesca Balzani). La partita avrebbe dovuto essere semplice: per tentare di vincere la partita con il centrodestra, Renzi e il partito romano avevano indicato senza dubbi il candidato giusto, il Sala di Varese, quel Marantelli chiamato “il leghista rosso”. Non avevano fatto i conti con la città e, per la verità, neppure con il partito locale. Il Pd varesino Marantelli non lo voleva. E aveva deciso di puntare su un trentanovenne avvocato e professore universitario: Galimberti l’ha presa sul serio, ha fatto una campagna concreta sulle cose da cambiare in città, ha incontrato personalmente, a gruppi di dieci, centinaia di concittadini. E ha vinto.

“Gli elettori premiano chi ha un progetto realistico e concreto per la città, non chi rappresenta gli apparati”, ha commentato il vincitore. E anche il segretario regionale lombardo del Pd, Alessandro Alfieri (varesino e fiero sostenitore di Sala a Milano) ha dovuto ammettere: “Quando si accetta di fare primarie aperte e competitive, nulla è scontato. Non esiste disciplina di partito”. Non che Galimberti sia un alieno della politica: apparentemente timido, in realtà tosto, è cresciuto dentro il partito, ha aderito da giovane ai Ds e poi è passato al Pd. Ha ottenuto il sostegno del gruppo dirigente locale del partito, ex bersaniani che si erano dapprima opposti all’ascesa di Renzi ma poi avevano accettato il nuovo corso.

Avevano però abbandonato Marantelli, il vecchio boss locale che era andato a fare il parlamentare a Roma: avevano deciso di “rottamare” il “leghista rosso” e puntare sul volto nuovo di Galimberti. Ce l’ha fatta, sostenuto da settori professionali e universitari di una Varese forse stanca del leghismo. E, a dir la verità, anche da qualche ciellino. Lui puntualizza: “Se singoli aderenti di Cl sono venuti a votarmi mi fa piacere, ma non è vero che il movimento si sia mosso nei miei confronti”. A sorpresa, lo aveva appoggiato anche Guido Borghi, figlio di Mister Ignis, il più noto degli imprenditori locali, che in un’intervista, dopo aver spiegato di averlo conosciuto per motivi professionali, lo aveva indicato come “la persona giusta per Varese”.

Ora che ha vinto, il renzianissimo sottosegretario Lotti gli ha mandato il primo messaggio di sostegno. E lui ha ricambiato dicendo: “Non ho condiviso l’idea della rottamazione, ma oggi mi sento molto vicino al profilo riformista di questo governo”.

Alle primarie di Varese hanno partecipato 2.700 cittadini. In 888 hanno votato per Galimberti, 29 in meno per Marantelli. I voti per il centrosinistra alle elezioni comunali del 2011 furono circa 10 mila, quindi ha partecipato il 27 per cento, poco meno di un terzo degli elettori di centrosinistra.

Adesso inizia la partita più difficile: convincere i varesini che il giovane avvocato che ha messo in scacco Renzi è meglio del candidato del centrodestra, che qui ha sempre vinto facile. Finora sembrava che fosse Stefano Malerba, il presidente del Rugby Varese, grande amico di Roberto Maroni. La vittoria di Galimberti potrebbe scompaginare i piani e ora il centrodestra potrebbe cercare un volto più giovane e “nuovo” per non rischiare di perdere al derby “giovane professionista” contro “uomo dell’establishment leghista”.

Il Fatto quotidiano, 16 dicembre 2015
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