MILANO

Lettera aperta ai Saggi delle primarie di Milano

Lettera aperta ai Saggi delle primarie di Milano

Cari Saggi. Voi siete undici noti e stimati cittadini milanesi (Marilena Adamo, Mario Artali, Alessandro Capelli, Giulia Cometti, Andrea Di Stefano, Gad Lerner, Alessandra Naldi, Ivana Pais, don Gino Rigoldi, Mario Rodriguez, Francesca Zajczyk) che hanno messo a disposizione tempo ed energie per preparare le primarie che dovranno scegliere il candidato sindaco del centrosinistra a Milano. Di questo, da cittadino milanese innamorato della mia città, vi ringrazio.

Avete redatto la “Carta dei Valori”, il testo che dovrà essere firmato da chiunque voglia votare o essere votato alle primarie del 7 febbraio 2016. È un bel documento, che disegna il perimetro ideale per i cittadini che desiderano non sia interrotto, nei prossimi anni, quanto di buono ha fatto la giunta Pisapia.

Nella “Carta” si parla di “sharing economy”, di “spirito ambrosiano della cooperazione, dell’innovazione e della solidarietà”, di “riforma della pubblica amministrazione fondata sui criteri dell’efficienza, del merito e della parità di genere”, di “trasparenza e lotta alla corruzione”, di una “Milano capitale dei diritti e della legalità”, città aperta, accogliente e inclusiva, “attenta alle necessità degli ultimi”. Una “metropoli attrattiva per gli investimenti stranieri, divenuta riferimento per nuovi stili di vita, laboratorio dell’economia della collaborazione proiettata nel futuro con le sue università e i suoi talenti culturali”, che “non merita di lasciarsi rimpicciolire da un’ideologia antieuropea, nostalgica e venata di razzismo”. Vero. Bello.

Cari Saggi, devo però farvi una domanda: io potrò votare alle primarie? Nella vostra “Carta del Valori”, infatti, parlate anche del “successo di Expo 2015”, che “con la grande partecipazione popolare ai suoi eventi ha confermato la vocazione internazionale dell’area milanese”. Ora, io ho qualche dubbio che Expo sia stata un successo. O almeno aspetto di vedere i conti e il destino della grande area dell’esposizione. Sono anch’io convinto che Milano negli ultimi anni sia diventata più bella e più internazionale. Ma su Expo continuo a farmi qualche domanda.

1. Quali sono le cifre vere? Nella più assoluta mancanza di trasparenza, nei primi tre mesi disastrosi dell’esposizione (da maggio a luglio) i numeri dei visitatori veri e paganti sono stati gonfiati. Poi sono arrivati tre mesi buoni. Ma appena sufficienti a raggiungere i numeri dell’Expo di Hannover 2000, che con i suoi 18 milioni di visitatori fu definita “il flop del millennio”.

Ormai però il problema riguarda altre cifre, quelle dei conti: qual è il prezzo medio del biglietto? Quali gli incassi? Quanto pesanti le perdite di gestione? Certo, Milano ha avuto un aumento di vitalità culturale e anche economica. Ma dove sono i 200 mila posti di lavoro promessi, dov’è finito l’ipotizzato aumento dei punti di Pil, a fronte di un investimento pubblico colossale, di ben 2,4 miliardi?

2. Davvero il tema (“Nutrire il pianeta”) non è stato tradito? I visitatori sono andati a Expo come a una fiera gastronomica, mangiando oltretutto a caro prezzo e non sempre bene. Non sono stati risolti di un millimetro i problemi della fame nel mondo del Sud, dell’obesità in quello ricco del Nord, dell’agricoltura inquinata e inquinante, della produzione alimentare iniqua. La “Carta di Milano” è solo un rassicurante elenco di buone intenzioni, non vincolanti per chi l’ha firmata, tanto da essere stata bocciata dalle più importanti ong che avevano lavorato alla sua stesura. “Abbiamo deciso di non firmarla perché non tocca alcuni nodi: la proprietà dei semi, l’acqua come bene comune, i cambiamenti climatici” (Slow Food Italia). “È una carta scritta dai ricchi per i ricchi. Non parla di speculazione finanziaria, accaparramento delle terre, diffusione degli ogm, perdita della biodiversità, clima, speculazioni finanziarie sul cibo, acqua, desertificazione, biocombustibili” (Caritas Internationalis).

3. E il dopo Expo? L’esposizione è finita da 12 giorni, ma per ora ci sono solo belle proposte, non ancora progetti concreti. Chi pagherà le bonifiche (oltre 70 milioni) che non sono state fatte? Chi pagherà le aree (200 milioni) a Comune di Milano e Regione Lombardia che si sono indebitati con le banche? Chi metterà i soldi (500 milioni) per trasferire le facoltà scientifiche della Statale? Che cosa si infilerà nell’area, oltre al piccolo, benché tanto enfatizzato, centro di ricerca Iit di Genova?

Insomma, capisco che cantare “lo straordinario successo di Expo” sia diventato parte integrante della retorica patriottica dell’“Italia che riparte”, ma mi spiegate perché avete infilato il “successo” di Expo nella “Carta dei Valori”, facendone di fatto una discriminante tra chi può votare alle primarie e chi no? Messa così, io, con i miei dubbi, non credo di poter sottoscrivere quel documento. Come faccio per dare il mio contributo alle primarie della città?

Il Fatto quotidiano, 12 novembre 2015
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