GIUSTIZIA

Bruti Liberati addio. Com’è cambiata la Procura di Milano

Bruti Liberati addio. Com’è cambiata la Procura di Milano

Due commiati s’intrecciano, a Milano. Il primo è quello di Expo, che ha chiuso i battenti: si smorzano gli echi delle fanfare della retorica patriottica e si apre la fase (dolorosa?) dei bilanci e del dopo-Expo. Il secondo è l’addio del procuratore Edmondo Bruti Liberati, che lunedì 16 novembre, Sant’Edmondo di Canterbury, lascerà il suo grande ufficio al quarto piano del Palazzo di giustizia e andrà in pensione.

La Procura di Milano ha fatto la storia giudiziaria d’Italia. Ha indagato nei primi anni Settanta sulla strage di piazza Fontana, lambendo i depistaggi di Stato, finché l’inchiesta non è stata strappata da Roma. Ha processato Michele Sindona e Roberto Calvi, i due più potenti banchieri privati italiani, anche sfidando il potere politico di Giulio Andreotti e di Bettino Craxi. Ha condotto le indagini sul terrorismo e sui gruppi mafiosi impiantati al Nord. Ha scoperchiato Tangentopoli con l’inchiesta Mani pulite senza alcun timore reverenziale per i Palazzi. Ha messo sotto processo Silvio Berlusconi quand’era all’apice del suo successo. E ha indagato banchieri, finanzieri, politici, faccendieri, uomini potenti.

Quando è diventato procuratore, Bruti Liberati era l’uomo di Magistratura democratica che, con indosso la toga, esibiva una copia della Costituzione per dire, insieme a tanti suoi colleghi, che la legge è uguale per tutti e non guarda in faccia nessuno. Ora che se ne va, c’è chi gli rimprovera una gestione “prudente” e “politica” della Procura più importante d’Italia. Il potere politico, che le ha sempre riservato in passato giudizi duri, quando non addirittura attacchi diretti e sfrontati, ora invece ripetutamente la ringrazia “per la sensibilità istituzionale” dimostrata in occasione del grande evento mondiale, Expo Milano 2015.

Bruti ha pendente davanti alla Procura generale della Cassazione un procedimento disciplinare per aver dimenticato in cassaforte un’inchiesta sulla gara indetta dal Comune di Milano per la vendita della Sea, la società degli aeroporti milanesi. Ha subìto la bocciatura da parte del Consiglio giudiziario della sua scelta di varare un’inedita (e ritenuta illegittima) “Area omogenea Expo” a cui affidare tutte le indagini sull’esposizione universale. Dal Consiglio giudiziario ha incassato anche le bacchettate per la revoca della delega al suo aggiunto Alfredo Robledo, scelta “di natura apparentemente organizzatoria”, ma in realtà “utilizzata per risolvere in modo improprio l’esistenza di un conflitto”.

Non sappiamo se c’è stata davvero una “moratoria” delle indagini su Expo, ma di certo c’è stata una “moratoria” su Bruti del Csm, che non ha mai affrontato, per confermarlo o smentirlo, il parere del Consiglio giudiziario sulla revoca a Robledo. È poi un fatto oggettivo che durante i sei mesi di Expo non un atto d’indagine sull’esposizione è stato compiuto: “Sensibilità istituzionale”, ringrazia due volte Matteo Renzi. Solo “celerità delle indagini” concluse prima dell’avvio dell’evento, spiega Bruti.

Fatto sta che proprio ieri le indagini su Expo sono ripartite: non (ancora) quelle sugli appalti e le gare, ma quelle sugli “antagonisti” italiani e greci che il 1 maggio hanno devastato un’area del centro di Milano. Ora sono stati arrestati con una molto annunciata “retata” e accusati di devastazione e saccheggio.
Il leader di Magistratura democratica che si opponeva alla gerarchizzazione delle Procure, da procuratore quella gerarchizzazione l’ha attuata. Edmondo Bruti Liberati è un uomo di legge, un intellettuale e un galantuomo. Ma la Procura che lascia è oggi certamente molto diversa da quella in cui s’insediò cinque anni fa.

(Il Fatto quotidiano, 13 novembre 2015)

Che cos’è la “sensibilità istituzionale”?

Che cosa vuol dire “sensibilità istituzionale”? Ieri al Palazzo di giustizia di Milano c’è stata, in aula magna, l’assemblea per l’annuale presentazione del “Bilancio di responsabilità sociale” in cui il procuratore della Repubblica Edmondo Bruti Liberati ha raccontato i risultati ottenuti dalla Procura di Milano nell’anno 2014-2015. È stata l’occasione – alla presenza del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, del ministro della Giustizia Andrea Orlando, del rettore del Politecnico Giovanni Azzone e del presidente dell’Ordine degli avvocati Remo Danovi – per un saluto commosso al procuratore, che tra qualche giorno, il 16 novembre, va in pensione. Ma anche per porre finalmente in maniera esplicita la domanda che da mesi aleggia sulla Procura: che cosa vuol dire “sensibilità istituzionale”?

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi per ben due volte (dal Giappone in agosto e dal Piccolo Teatro di Milano martedì scorso) ha ringraziato la Procura di Milano per la “sensibilità istituzionale” dimostrata nelle indagini su Expo. Bruti Liberati la spiega così: “Significa fare le inchieste, farle bene, farle in tempi rapidi, per non bloccare l’evento e per consentire ad altre articolazioni della società (la Prefettura con le sue interdittive antimafia, l’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone con i suoi commissariamenti degli appalti truccati) di intervenire per assicurare la prosecuzione delle opere in condizioni di ripristinata legalità”.

Nel suo bilancio, dice: “Le indagini sono proseguite, checché se ne dica anche oggi in alcuni commenti: noi non ci siamo fermati”. E ancora: “I tempi della giustizia non sono i tempi dell’economia e delle attività imprenditoriali, ma la giustizia può cercare di adottare tutte le misure organizzative affinché questa distanza si riduca”. Quanto si è ridotta, nel caso di Expo? È un fatto che nei sei mesi dell’esposizione universale non è più stato compiuto alcun atto d’indagine visibile. È un fatto che il procuratore ha accentrato su di sé tutte le indagini in corso, esautorando il suo aggiunto Alfredo Robledo e costituendo una inedita struttura organizzativa, l’“Area Omogenea Expo”, sonoramente bocciata dal Consiglio giudiziario come non legittima né giustificata. È un fatto che le indagini sul Padiglione Italia, con l’arresto del subcommissario Expo Antonio Acerbo, braccio destro del commissario Giuseppe Sala, sono state condotte dalla Procura di Firenze.

Il procuratore ribatte che la pulizia è stata fatta prima, arrestando manager pubblici, imprenditori e faccendieri, e concludendo “l’indagine sul filone principale con eccezionale rapidità”: arrivando nel novembre 2014 al patteggiamento di sei imputati e al processo in corso per il settimo. Qualche magistrato lamenta invece un “raffreddamento” delle indagini, anche a causa del clima teso che si era creato in Procura nei mesi del conflitto tra Bruti e Robledo. Con conseguente perdita del “momento magico” che poteva far ottenere risultati significativi alle indagini in corso. Qualche osservatore parla apertamente di “moratoria”: stop alle inchieste per non disturbare il grande evento internazionale, con gli occhi puntati su Milano da tutto il mondo. Una “frenata” negoziata con la politica e magari garantita istituzionalmente dall’intervento dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Ma sono ipotesi senza alcuna prova. Ieri Bruti ha scandito: “La Procura di Milano ha svolto il ruolo che le compete di accertamento rigoroso dei fatti di reato. La magistratura penale non deve farsi carico di ‘compatibilità’, ma può e deve operare con scelte organizzative e di strategia di indagine che assicurino la massima celerità”. Queste parole, lette ieri nell’aula magna da Bruti, stanno scritte nel volume del “Bilancio di responsabilità sociale” a pagina 8, evidenziate da un fondo azzurrino e sotto il logo a colori di Expo Milano 2015: una scelta inedita e inusuale. Intanto le scrivanie di alcuni pm (da Eugenio Fusco ad Antonio D’Alessio, da Giovanni Polizzi a Roberto Pellicano) continuano a ospitare i fascicoli sulle indagini Expo non ancora concluse. Nei prossimi giorni vedremo con quali risultati.

(Il Fatto quotidiano, 12 novembre 2015)

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