MILANO

Milano Porta Nuova, Qatar

Milano Porta Nuova, Qatar

Là dove c’era l’erba, ora c’è una città. E dove comandavano Salvatore Ligresti e Bruno De Mico, ora comanda il Qatar. È il quartiere più innovativo di Milano: Porta Nuova. C’è il grattacielo più alto d’Italia (per ora), quello dell’Unicredit, con il pennacchione disegnato da Cesar Pelli e la piazza Gae Aulenti diventata un nuovo punto d’incontro dei milanesi, tra il modaiolo corso Como e l’ex popolare quartiere Isola. C’è il “Bosco verticale” progettato da Stefano Boeri. C’è il “Diamante” di Lee Polisano, con la punta che di notte cambia colore e i “Diamantini” attorno. C’è la “Zigghurat” di William McDonough. Ci sono le Torri Varesine e le Ville di Porta Nuova. In tutto, 25 edifici.

Dopo sei mesi di trattative, ieri Manfredi Catella, amministratore delegato di Hines Italia Sgr, ha dato l’annuncio che il 100 per cento del progetto immobiliare Porta Nuova è stato comprato dal fondo sovrano del Quatar, la Qatar Investment Authority (Qia) guidata dallo sceicco Hamad bin Jassim bin Jaber Al Thani, primo ministro dell’emirato.

Qia aveva già acquisito il 40 per cento di Porta Nuova nel maggio 2013. Ora ha tutto. Ha rilevato il restante 60 per cento dagli altri soci, fra cui Unipol, Hines, il fondo pensioni Ttiaa Cref e Coima della famiglia Catella. “È una delle transazioni più importanti degli ultimi tempi”, ha detto Catella, “adesso il Qatar è il nuovo padrone di casa”. Quanto ha pagato? “È una cifra riservata”, ha spiegato Catella, “è sicuramente una transazione importante, si tratta di uno dei deal più importanti in Europa e sicuramente uno dei più importanti in Italia”.

Il valore di mercato degli immobili venduti è attorno ai 2 miliardi di euro, anche se non si vedono file di acquirenti accapigliarsi per ottenere un appartamento nei grattacieli della zona. Catella e Unipol, che hanno venduto, possono dunque tirare un bel sospiro di sollievo: da oggi non è più un problema loro trovare gli acquirenti disposti a sborsare cifre davvero consistenti per andare ad abitare o a lavorare a Porta Nuova, che resta ancor oggi un’incompiuta: il grande parco promesso, di 100 mila metri quadri, per esempio, è ancora soltanto uno sterrato fangoso. Tranquilli: da oggi il rientro degli investimenti fatti è un problema del Qatar. Investitore “a lungo termine”, ha annunciato l’amministratore delegato di Hines Italia, “con orizzonte al 2030”.

Un sospiro di sollievo Catella lo aveva tirato già nel luglio 2014, quando aveva trovato un pool di banche (Bnp Paribas e poi Unicredit, Banca Imi, Societè Generale, Bank of America Merrill Lynch) disposto a rifinanziare una parte dell’operazione con 450 milioni, riducendo al 55 per cento l’indebitamento del fondo Porta Nuova Garibaldi. Ora, con la vendita, il problema è risolto del tutto. Ieri Catella ha comunicato, soddisfatto, che “gli investitori in Porta Nuova hanno guadagnato almeno il 30 per cento” di quanto investito.

Lunghissima storia, quella dell’operazione immobiliare Porta Nuova. Comincia almeno nel 1988, quando scoppia lo scandalo Codemi, sostanzioso anticipo di Tangentopoli: i magistrati della procura di Milano (tra loro c’era anche Piercamillo Davigo) scoprono nel computer dell’architetto Bruno De Mico – che aveva già costruito sull’area i primi due grattacieli, a ridosso della stazione di Porta Garibaldi – la contabilità delle tangenti ai politici milanesi. C’erano socialisti, democristiani, comunisti. Se la cavarono quasi tutti senza gravi danni e De Mico, che indossò gli abiti del concusso (“Senza la stecca ai politici non si lavora”), negli anni seguenti uscì di scena. Dopo aver venduto i suoi due grattacieli (alle Fs), fece cassa vendendo anche le preziosissime aree che aveva in zona, sulle quali un tempo sorgeva il vecchio Luna Park delle Varesine e ora svetta il “Diamante”. Resiste più a lungo Ligresti, che si mette in compagnia di Hines: don Salvatore considerava Manfredi Catella il suo figlioccio. Poi, quando inizia il suo declino, si è sentito come un padre tradito e, dopo il fallimento del suo impero, quel che gli era restato in Porta Nuova era passato a Unipol, insieme con Fonsai.

Ora, dopo decenni di intrecci, di affari, di scandali e di tangenti, sul progetto Porta Nuova è stata piantata la bandiera del Qatar.

Il Fatto quotidiano, 28 febbraio 2015
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