Sala: Basta primarie a Milano, sono io il kingmaker

Kingmaker: il sindaco di Milano vuole avere un ruolo preminente nell’indicare il suo successore. Aveva indicato se stesso: ma era un momento di rabbia e di rottura con Elly Schlein, quello in cui aveva tirato in ballo un suo possibile terzo mandato, come un De Luca qualsiasi. Ora più realisticamente vuole avere peso nella scelta. Interviene sul metodo e sul merito. Vuole esprimere le sue idee su nomi e programmi. E innanzitutto dire che il candidato sindaco del centrosinistra non deve essere scelto con le primarie.
In un mondo normale, Giuseppe Sala non solo non potrebbe pontificare sul suo successore, ma dovrebbe stare zitto ammettendo la sua sconfitta politica. Un pezzo crescente di città contesta le sue scelte e critica la sua amministrazione. Ha gettato nel caos il business numero uno della città – l’immobiliare – permettendo per un decennio di costruire fuori legge, esponendo i dirigenti comunali a una catena di inchieste e processi per reati urbanistico-edilizi, per torri costruite nei cortili e “ristrutturazioni” che sono invece grattacieli nuovi di zecca.
Non si è accorto che sotto il suo naso la Commissione paesaggio elargiva permessi in conflitto d’interessi e con qualche accusa anche di corruzione. Ha regalato agli operatori immobiliari circa 2 miliardi di euro, in sconti su oneri d’urbanizzazione e monetizzazioni degli standard. Ha rinunciato ai servizi per i cittadini previsti dalle leggi urbanistiche, preferendo il suo Rito Ambrosiano che attira operatori e fondi internazionali, ma lascia la città più cara, più inquinata, con più cemento e più disuguaglianze.
Il suo Sistema Milano, basato sulla supremazia della rendita immobiliare, ha espulso dalla città 400 mila milanesi che non hanno più retto i costi dell’abitare. Sotto la sua amministrazione hanno chiuso le piscine comunali, le case popolari hanno continuato a degradarsi, le periferie a impoverirsi, le attese alle fermate dei tram ad allungarsi. Lo stadio di San Siro è diventato per Sala un Vietnam in cui, dopo cinque anni di mercato dei tappeti, il Meazza potrebbe essere infine svenduto per essere abbattuto e sostituito da una mega-operazione immobiliare con grattacielo a uffici e super-centro commerciale.
In realtà, per constatare il fallimento politico del sindaco basterebbe considerare la storia della Salva-Milano, sanatoria trasformata da Sala in “legge d’interpretazione autentica” per azzerare le inchieste e i processi su Grattacielo selvaggio e poi ingloriosamente ritirata dopo aver constato che non avrebbe salvato Milano, ma avrebbe dannato l’Italia con un diluvio di cemento.
Ma niente. Lui resta sulla scena e pretende di dare le carte per il prossimo poker. Niente primarie, dunque, per le comunali del 2027. “Se il prossimo candidato sindaco viene scelto con le primarie, rischiano di essere primarie del Pd. Perché uno di Avs o un centrista dovrebbe correre per le primarie? Perderebbe”. Le primarie di coalizione sarebbero una sceneggiata in cui prevarrebbe comunque un candidato del Pd, sostiene Sala, dunque decida il partito senza ipocrisie: magari un nome che piaccia ai “centristi”, un clone di Sala.
Nello sciorinare questa teoria (contraddetta dai fatti: nel 2010 alle primarie vinse Giuliano Pisapia contro le indicazioni del Pd), Sala fa una bella ammissione: lui le primarie le avrebbe perse, nel 2016 contro Francesca Balzani, la candidata di Pisapia, se non si fosse messo in mezzo Pierfrancesco Majorino (togliendo voti a Balzani e facendo vincere Sala).
Le esternazioni più gustose comunque restano quelle sulle inchieste giudiziarie. “Dire che ha ragione la Procura non lo dico”: non sia mai! Meglio dire che è giusto violare la legge e continuare a commettere reati. “Ma ci siamo adeguati. Non abbiamo detto alla Procura che ha ragione, ma siccome è tutto fermo mi adatto”: non capisco ma mi adeguo. Proprio un bell’esempio di rispetto istituzionale e di cultura della legalità.