MILANO

Sala ritorna alla legge. Ma con il trucco

Sala ritorna alla legge. Ma con il trucco

Contrordine: il Comune di Milano non vuole rientrare nei confini della legge. Il Rito Ambrosiano è formalmente revocato, ma continua a sopravvivere. Cerchiamo di spiegare la situazione, lineare come la trama di un film di David Lynch. Ma ambientato a Palazzo Marino, in un clima ciclotimico con passaggi repentini dall’esaltazione alla depressione.

Scena prima, esterno giorno. Un ministro, forse ancora segnato da una passata estate con mojito sulla spiaggia, escogita un grande condono democratico, per tutti, per le piccole irregolarità sul balcone di casa e per i grandi grattacieli tirati su a Milano con modalità fuori legge (secondo la Procura).

Scena seconda, interno notte. Un sindaco bizzoso e incupito rifiuta la sanatoria, che sarebbe ammissione di aver sbagliato per anni a lasciar costruire con regole farlocche. Pretende una presunta “legge d’interpretazione autentica” che estenda a tutta Italia e per sempre il Rito Ambrosiano, cioè gli abusi milanesi. È la “salva-Milano”.

Scena terza, interno giorno. La salva-Milano si spiaggia in Senato, dopo essere stata approvata alla chetichella alla Camera (dalla destra e dalla sinistra, tranne Cinquestelle e Avs): 140 professori spiegano che era una porcata che avrebbe fatto danni in tutto il Paese; molti senatori (a sinistra, ma anche a destra) si rifiutano di approvarla. Anche il sindaco bizzoso, sempre più incupito, accetta di far buon viso a cattivo gioco: non chiede più la salva-Milano, anche perché intanto si è scoperto che l’avevano scritta gli indagati, su misura per i loro reati. Per di più, il 5 marzo arriva anche la corruzione tra i reati contestati nella Grattacielopoli di Palazzo Marino.

Scena quarta, interno giorno. Il 7 maggio la giunta del sindaco bizzoso approva “nuove linee di indirizzo per lo sviluppo delle attività amministrative in materia urbanistica ed edilizia”. Dicono che per costruire edifici sopra i 25 metri non basta più la Scia, cioè l’autocertificazione prevista dal Rito Ambrosiano, ma ci vuole il piano attuativo: come è scritto nella legge. Il Comune di Milano insomma torna alla legalità. Il sindaco incupitissimo spiega a denti stretti che però non è un’ammissione di colpa: “Al momento per sbloccare i cantieri abbiamo fatto così. Non significa negare le ragioni della nostra azione passata. Credo e spero di tornare ai principi che per 13 anni hanno governato Milano”. Comunque sia, il 7 maggio sembra essere una data storica: l’amministrazione milanese dice basta a grattacielo selvaggio e s’impegna a seguire da qui in avanti le regole stabilite dalle leggi urbanistiche: per il bene comune, non dei soli costruttori ma di tutti i cittadini. Si avviano anche trattative tra Comune e operatori edilizi per recuperare almeno parte dei soldi che l’amministrazione per anni non ha chiesto, considerando “ristrutturazione” le nuove edificazioni di grattacieli tirati su al posto di qualche magazzino. Santa Procura e la paura delle condanne hanno fatto il miracolo.

Tutto bene dunque? No, perché si apre la scena quinta, interno notte cupa. A leggerle bene, le “nuove linee di indirizzo per lo sviluppo delle attività amministrative in materia urbanistica ed edilizia”, si scopre che c’è il trucco. La legge (art. 41-quinquies, sesto comma, 1150/1942) dice che sopra i 25 metri si deve fare in ogni caso il piano attuativo, senza eccezioni. Le nuove disposizioni ambrosiane introducono invece delle eccezioni, distinguendo tre modalità diverse d’intervento (e recuperando così parte della circolare Collarini del 21 luglio 2023, già dichiarata fuori legge da più gip). Insomma: ci sono ricascati, è più forte di loro. Titoli di coda: il Rito Ambrosiano è morto, viva il Rito Ambrosiano.

Il Fatto quotidiano, 16 maggio 2025
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