GIUSTIZIA

Si riaprono le indagini sull’omicidio nero di Fausto e Iaio

Si riaprono le indagini sull’omicidio nero di Fausto e Iaio

Si riapre la storia nera dell’omicidio di Fausto e Iaio, i due ragazzi del centro sociale Leoncavallo uccisi dai neofascisti il 18 marzo 1978. Freddati a colpi di pistola a diciott’anni, in via Mancinelli, a un passo dalla vecchia sede del Leonka. L’indagine fu chiusa senza aver individuato i colpevoli, poi riaperta nel 2000, ma di nuovo archiviata.

Oggi i pm di Milano Leonardo Lesti e Francesca Crupi riprendono in mano i fili di una trama slabbrata e tentano di ricucirli, 47 anni dopo. A partire da tre indagati neri che tornano a essere iscritti nei fascicoli d’inchiesta, dopo la riapertura decisa dalla gip Maria Idria Gurgo di Castelmenardo. Sono Massimo Carminati, Mario “Marione” Corsi e Claudio Bracci.

L’omicidio di Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci è maturato all’incrocio tra gli ambienti fascisti di Roma e quelli di Milano. Gli indizi raccolti in anni di indagini e rimasti senza certezze oggi sono riletti, riconsiderati, confrontati con nuove evidenze. Il volantino di rivendicazione, firmato “Esercito nazionale rivoluzionario-Brigata combattente Franco Anselmi” (un neofascista bolognese morto due settimane prima durante una rapina all’armeria Centofanti di Roma), fu fatto trovare in una cabina telefonica del quartiere Prati il giorno dopo i commossi, oceanici funerali  dei due ragazzi a Milano.

Ora è stato confrontato con un altro volantino, quello che rivendicava un attentato avvenuto il 29 maggio 1979 contro la sezione del Pci del quartiere Balduina a Roma. Nella capitale operavano Carminati e gli altri neofascisti già in passato indagati. A Milano c’erano i loro referenti neri, con base nel bar Pirata, non lontano dal Leoncavallo. Al Pirata arrivò una strana telefonata (intercettata) su un impermeabile scomparso, forse quello indossato da  uno dei tre assassini visti in via Mancinelli.

Perché sono stati uccisi, i due ragazzi? Il Leonka stava facendo un’inchiesta sui fascisti e sui loro traffici di droga. La mamma di Fausto, nel 2011, aggiunse un’accusa ai servizi segreti. In un’intervista a Radio 24 disse: “Negli anni ho riannodato i fili della memoria, i pezzi di un piccolo mosaico che mi ha permesso di raggiungere la vera verità che io conosco. Mio figlio è stato vittima di un commando di killer giunti da Roma a Milano, nel pieno del rapimento di Aldo Moro, in una città blindata da forze dell’ordine. Un omicidio su commissione di uomini dei servizi segreti”.

I due pm milanesi ripartono da queste piste mai accertate, da indizi mai diventati prove. Dovranno selezionare il vero dal falso, districare un gomitolo diventato un ammasso pieno di nodi. La riapertura delle indagini avviene, casualmente, dopo l’avvio della campagna avviata da Ignazio La Russa su Sergio Ramelli, il ragazzo anch’egli diciottenne ucciso nel 1975 da un gruppo di sinistra.

Da ciò che si capisce finora, risulterà difficile confrontare i due episodi: le forze entrate in campo per togliere la vita ai due ragazzi del Leoncavallo sembrano un coacervo di politica nera, affari illegali, forse incroci pericolosi con apparati dello Stato. Ma solo dalle prossime scelte dei pm sarà possibile capire quale direzione prenderanno le indagini.

Il Fatto quotidiano, 7 maggio 2025
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