Case a Milano: il “barile” che Sala sta raschiando è vuoto. Ecco perché

Dopo aver perso tutte le ultime battaglie, l’armata di Giuseppe Sala si riorganizza per il contrattacco. Ha subito sonore sconfitte: sulla Salva-Milano; sulle inchieste urbanistiche per i grattacieli abusivi; sulla corruzione a Palazzo Marino negata e poi invece contestata dai magistrati; sulla bislacca “trattativa” con la Procura per le inchieste in corso; sulla serrata degli uffici comunali; sullo stadio di San Siro; sulla sua immagine “vincente” ora invece appannata; sulle pretese di “federare” non si sa chi.
Ora anche quello che chiama “il suo azionista di riferimento”, cioè il Pd (povera politica, ridotta a rapporti aziendali!) ha dato segni di impazienza e non sembra più disposto a seguirlo fino al baratro. Ma adesso i suoi consiglieri, il suo staff, il suo salotto lanciano la controffensiva di primavera, chiamando a raccolta la stampa amica, prima fra tutte Repubblica-Milano, che gli ha organizzato un apposito forum in redazione senza quasi domande e un evento al teatro Parenti che ha dato l’avvio alla campagna di primavera.
Fino a un paio d’anni fa Milano era “the place to be”, la città più “attrattiva” d’Europa, il migliore dei mondi possibili. Ora è impossibile invece proseguire con la narrazione gloriosa, i nodi sono venuti al pettine, impossibile ignorare i problemi. L’“attrattività” si è dimostrata il richiamo di capitali immobiliari che hanno fatto di Milano la città prima nella classifica europea per operazioni urbanistico-edilizie (seconda Monaco di Baviera, terza Amsterdam): grazie alle regole fuorilegge del “rito ambrosiano” e agli oneri di costruzione più bassi d’Europa.
Grandi guadagni per i fondi e per gli operatori, pochi ritorni per i cittadini (l’8 per cento a Milano, contro il 30 per cento a Monaco). La “londrizzazione” della città ha generato prezzi londinesi, ma con stipendi italiani. Via Montenapoleone è diventata la via con gli affitti più cari del mondo (più della Quinta Strada a New York, di Bond Street a Londra, dell’Avenue des Champs Elysées a Parigi). Ma sono cresciuti i costi del vivere e dell’abitare per tutti. Milano è la città con gli affitti più alti d’Europa (2.090 euro al mese, +5,6 per cento sull’anno precedente).
Quattrocento mila persone sono state espulse dalla città in pochi anni. Ormai sono costretti ad ammetterlo: a Milano esiste “un’emergenza abitativa”. Ma il sindaco rassicura: “La stiamo affrontando, di più non possiamo fare, stiamo raschiando il fondo del barile”. Di quale barile si tratta? Permettendo di costruire secondo norme fuorilegge, il Comune di Milano ha mancato di chiedere agli operatori immobiliari almeno 2 miliardi di euro (i conti più precisi li farà la Corte dei conti, se glieli lasceranno fare).
Dunque alle casse del Comune (cioè ai cittadini) sono stati sottratti 2 miliardi: il barile sarebbe bello pieno. Invece è vuoto, malgrado un’agghiacciante ammissione: “Abbiamo venduto tutto il vendibile del nostro patrimonio immobiliare per far quadrare i bilanci di questi ultimi anni”. Sala ha venduto l’argenteria di Milano come fosse cosa sua.
Non sa fare politica, ma una cosa l’ha imparata: dare la colpa agli altri. “C’è bisogno di un intervento pubblico, ma questo deve arrivare dallo Stato”. Intanto migliaia di case popolari restano sfitte, fatiscenti, per esse non c’è alcuna “rigenerazione urbana”, non possono essere assegnate alle 13 mila famiglie che ne avrebbero diritto. Il suo predecessore, Giuliano Pisapia, una cosa buona l’aveva fatta: aveva sottratto all’Aler della Regione Lombardia la gestione delle case popolari di proprietà comunale.
Sala non ha saputo compiere il secondo passo necessario: ristrutturarle e assegnarle. Era occupato in tutt’altri affari, attirare i fondi internazionali in città, lanciare le Olimpiadi “senza un euro pubblico” che ora chiedono milioni al Comune, alla Regione e al governo, preparare il suo ruolo di “federatore” di chissacché, regalare San Siro ai fondi americani…