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Due deputate Usa chiedono di riaprire il processo Eni-Nigeria

Due deputate Usa chiedono di riaprire il processo Eni-Nigeria

Riaprite il processo a Eni e Shell per corruzione internazionale in Nigeria. Lo chiedono al Procuratore generale degli Stati Uniti, Merrick Garland, due deputate Usa, Maxine Waters e Joyce Beatty, democratiche, rispettivamente capogruppo della Commissione finanze e della Sottocommissione per la sicurezza nazionale, la finanza illecita e le istituzioni finanziarie internazionali.

Hanno inviato una lettera al Dipartimento di Giustizia (Doj) per sollecitarlo a riaprire un’indagine sulle due compagnie petrolifere, quotate alla Borsa di New York. A loro giudizio, Shell ed Eni hanno avuto “un ruolo centrale in uno schema di corruzione che ha violato il Foreign Corrupt Practices Act americano, che vieta a cittadini ed enti di corrompere funzionari governativi stranieri per favorire i propri interessi commerciali”. Sostengono che le due compagnie con i loro comportamenti hanno fatto perdere alla Nigeria “6 miliardi di dollari di entrate future stimate, il doppio del budget annuale della Nigeria per la sanità e l’istruzione”.

La richiesta si riferisce all’acquisto nel 2011 dei diritti su Opl 245, uno dei giacimenti petroliferi più redditizi della Nigeria. “Le prove disponibili coinvolgono entrambe le società in uno schema che ha portato al pagamento di 1,1 miliardi di dollari in tangenti a funzionari del governo nigeriano, tra cui l’allora presidente Goodluck Jonathan”. La vicenda è già stata trattata in Italia e il processo intentato dalla Procura di Milano si è concluso nel marzo 2021 con una assoluzione per tutti gli imputati poi diventata definitiva.

Gli Stati Uniti erano già intervenuti sulla vicenda nel 2013: “Vi erano prove sufficienti perché Fbi e Doj aprissero un’indagine per riciclaggio”; poi, nel 2019, “il Doj ha notificato a Eni che gli Stati Uniti avevano chiuso le indagini alla luce dell’azione penale dell’Italia sul caso, ma osservando che il fascicolo avrebbe potuto essere riaperto se le circostanze fossero cambiate”.

Ora sono cambiate, sostengono le due deputate, malgrado l’assoluzione: “In una decisione che da allora è stata ampiamente esaminata per i timori di scorrettezze e interferenze politiche, un tribunale italiano ha assolto Shell ed Eni”. Ma “una verifica condotta dai rappresentanti statunitensi e tedeschi del Gruppo di lavoro sulla corruzione dell’Ocse ha rilevato che l’Italia non rispetta gli obblighi legali della Convenzione. Il Gruppo di lavoro ha citato proprio questo caso, nelle sue conclusioni, esprimendo ‘estrema preoccupazione’ per il ‘rigetto sistematico’ delle prove da parte del tribunale”.

La riapertura delle indagini, scrivono le due deputate, “illustrerebbe ulteriormente l’impegno degli Usa a perseguire con decisione i casi di corruzione all’estero”.

Il Fatto quotidiano, 25 maggio 2024
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