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Roma ha perso l’Expo. Deve festeggiare! (guardi cos’è successo a Milano)

Roma ha perso l’Expo. Deve festeggiare! (guardi cos’è successo a Milano)

E dunque Roma ha perso la gara per Expo. Con seguito di alti lai della stampa e della politica italiane per la meravigliosa occasione persa e per la brutta figura fatta dal “sistema Italia”. Ma quando mai? Roma e l’Italia intera dovrebbero festeggiare, brindare, ballare. Scampato pericolo. Evitato spreco di denaro pubblico.

Davvero Roma aveva bisogno di un Expo, oltre ai Giubilei che non può schivare? È ora di dirlo forte e chiaro: Expo è un evento di fine Ottocento e di inizio Novecento, quando non c’era internet e bisognava andare di persona a Londra o a Parigi per vedere le magnifiche sorti e progressive. Colonna sonora: il Ballo Excelsior, che l’11 gennaio 1881 incantò i palchi della Scala con il suo trionfo di luci, musica, bandiere e ballerine, trionfo della locomotiva e della meccanica, celebrazione della luce (elettrica) come simbolo del progresso.

Oggi Expo è invece una fiera tenuta in vita da quel baraccone multinazionale che è il Bie (Bureau International des Expositions) per accarezzare le ambizioni dei Paesi emergenti. Londra, Parigi, Berlino, New York hanno smesso da tempo di competere per le esposizioni universali. Milano, che se l’è aggiudicata nel 2015, aveva come concorrente Smirne, una media città della Turchia di Erdogan, smanioso di entrare nel club dei Paesi “moderni”.

Prima di Milano, aveva vinto Shanghai che doveva mostrare al mondo la potenza della nuova Cina. Dopo, è toccato a Dubai. Ora a vincere è la Riad di Bin Salman, che deve far dimenticare Jamal Khashoggi, il giornalista uscito dall’ambasciata dell’Arabia Saudita a Istambul tagliato a pezzi e messo in una valigia.

Solo Letizia Moratti, che volle l’Expo a Milano, ha ancora nostalgia della grande battaglia della sua vita. Può darsi che il rilancio di Milano sia dovuto anche all’esposizione universale del 2015. La “londrizzazione” della città è partita da lì e oggi sono venuti al pettine gli squilibri e le disuguaglianze del “Modello Milano”, la “città premium” (copyright Dario Di Vico) dell’esclusione e della prevalenza della rendita.

Ma gli operatori sanno bene che Milano fattura nella settimana della moda, o del mobile, più di quanto ha fatturato in tutti i sei mesi di Expo. In compenso, la legacy dell’esposizione è molto smilza (tranne che per Giuseppe Sala, dopo Expo issato da Matteo Renzi a palazzo Marino).

Il bilancio economico è secco: 2,4 miliardi di denaro pubblico speso per l’esposizione, 700 mila euro di entrate in biglietti, sponsorizzazioni e royalties. Uno studio della Bocconi, prima dell’esposizione, aveva stimato in 34,7 miliardi i benefici che sarebbero arrivati per 12,5 miliardi investiti: l’apoteosi del moltiplicatore economico, un campo dei miracoli in cui per ogni zecchino sotterrato, Pinocchio ne avrebbe trovati tre. Dopo Expo, tutti zitti: nessuno studio è andato a controllare.

“Ma grazie a Expo in Lombardia sono state costruite strade e metropolitane”, chiude il discorso il neoleghista Roberto Castelli: ma qualcuno riesce a spiegarmi perché in Italia, per costruire strade e metropolitane, bisogna buttare 2 miliardi di soldi pubblici in una fiera che dura sei mesi e poi si smonta?

E che cosa resta? Un’area sfigata, a Rho, tra due autostrade e un cimitero, comprata a caro prezzo per aggiustare i conti della Fiera allora gestita dagli amici ciellini di Roberto Formigoni, che otto anni dopo ancora stenta a decollare: per cercare di attirare operatori, a Mind hanno dovuto deportare gli studenti dell’Università Statale, aprendo un buco nero a Città Studi.

Non cito neppure le inchieste per corruzione, gli arresti, le infiltrazioni mafiose: anche senza aggiungerle al menù, ce n’è abbastanza per dire: romani, anzi italiani tutti, festeggiate lo scampato pericolo. Lasciamo a Bin Salman l’Expo-Khashoggi.

Il Fatto quotidiano, 1 dicembre 2023
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