POLITICA

Fontana e le mascherine fantasma, la Regione da accusatrice diventa accusata

Fontana e le mascherine fantasma, la Regione da accusatrice diventa accusata

Si era illuso, Attilio Fontana, di entrare in campagna elettorale per la rielezione a presidente della Regione, contando che fosse chiusa e dimenticata la stagione della disastrosa gestione della pandemia in Lombardia, l’area con più morti per Covid al mondo. La memoria è corta, ma i fantasmi del passato tornano. I magistrati di Milano chiudono vecchie indagini, quelli di Bergamo si apprestano a farlo.

E gli avversari politici hanno tutto l’interesse a mettere le dita nella piaga. Pierfrancesco Majorino, il candidato del centrosinistra e del Movimento 5 stelle, ma anche Letizia Moratti, che pure ha condiviso fino a ieri la gestione della Regione insieme a Fontana e oggi si presenta, con il sostegno di Matteo Renzi e Carlo Calenda, come l’alternativa a Fontana e alla sinistra.

La “piaga” è l’affare delle mascherine fantasma: una fornitura di 2 milioni di dispositivi di protezione dal Covid chiesta da Aria spa, la centrale acquisti regionale, tra il febbraio e il marzo 2020, che non sono mai stati consegnati. Aria, ritenendosi danneggiata, aveva presentato una segnalazione alla Procura di Milano.

Ora il giudice dell’udienza preliminare Guido Salvini ribalta la situazione: assolve in rito abbreviato due imprenditori (l’amministratrice di Vivendo Pharma, Alessandra Moglia, e l’amministratore di Fitolux Pro Sri, Fabio Rosati) imputati per frode, con l’accusa di aver ricevuto 7 milioni di euro senza aver poi consegnato i materiali. Con questa assoluzione, la Regione, da accusatrice, diventa accusata. “Il comportamento della centrale acquisti della Regione”, rileva il giudice Salvini, “era del tutto disordinato e mosso dalla ricerca dell’immediato dividendo politico di una conferenza stampa”.

Commenta Majorino: “È una vicenda che lascia allibiti. Una tragedia trasformata in show per lucrare consensi. A questo punto, il presidente Fontana dovrebbe valutare seriamente se ora se la sente di affrontare la campagna elettorale”. Majorino conclude: “I giudici hanno stabilito la verità processuale. Quella politica è che Fontana non può di nuovo essere a capo della Regione. Una vicenda come questa non lascia adito a dubbi”.

Rincara la dose Moratti, chiamata nel pieno della pandemia ad assumere il ruolo di assessore al Welfare e sanità, oltre che di vicepresidente della Regione, per cercare di raddrizzare una situazione che appariva molto compromessa: “Questa vicenda”, dichiara Moratti, “conferma la bontà della decisione che presi, una volta arrivata in assessorato, di contestare l’inadeguatezza di Aria spa che stava rallentando anche la campagna vaccinale e di azzerare i vertici, affidando il servizio della piattaforma a Poste”. L’attacco prosegue: “Purtroppo è anche la conferma di come soltanto a un anno di distanza dall’inizio della pandemia, e solo a seguito del mio arrivo, si prese la decisione più opportuna e giusta”.

Ora Aria resta con il cerino acceso in mano: la sentenza Salvini “conferma ulteriormente quanto fosse deficitaria la gestione di Aria spa, con la campagna vaccinale che non partiva e con anziani spediti anche a 100 chilometri di distanza per le somministrazioni”, ha concluso Moratti. “Con i cambi ai vertici e il passaggio a Poste c’è stata una svolta che ci ha resi primi in Europa per vaccinazioni”.

I Cinquestelle in Regione avevano fatto una opposizione vigorosa alla gestione Fontana della pandemia (e poi anche a quella Moratti). Il Pd aveva anche fatto una richiesta di accesso agli atti, “perché era palese che la gestione fallimentare della giunta regionale di centrodestra avrebbe procurato più di qualche problema”, spiega il consigliere regionale dem Pietro Bussolati. “Aria si rivolgeva a fornitori non specificati senza protocolli di gestione efficienti: era chiaro fin dall’inizio che Fontana, la Lega e i suoi alleati stavano facendo solo una serie di pasticci e, oggi lo sappiamo, lo faceva per mettersi in luce politicamente. Ci aspettavamo che qualcosa sarebbe emerso, ma la sentenza supera anche le nostre più fervide fantasie”. (Gianni Barbacetto, il Fatto quotidiano, 4 gennaio 2023)

 

La reazione di Aria: Moratti mente, scarica su di noi colpe sue

“Che Letizia Moratti ripeta che ha rimosso il Cda, anche dopo la sentenza sulle mascherine di lunedì, fa ridere, perché quell’episodio risale a un anno prima del suo arrivo e lei non c’entrava nulla. Lei usa questo ‘claim’ per dimostrare il suo valore. Però quantomeno la cronistoria dovrebbe conoscerla”. A parlare, per la prima volta dalle dimissioni datate 24 marzo 2021, è Francesco Ferri, ex presidente del Cda di Aria Spa. E lo fa dopo l’ultimo scandalo che ha investito la centrale acquisti regionale, cioè la sentenza che ha scagionato la società Vivendo Pharma accusata di truffa dal Pirellone per una consegna di 2 milioni di mascherine non onorata. Per il Gup, invece, da biasimare fu il comportamento “del tutto disordinato” di Aria in quell’affare.

Un ritornello – quello della decapitazione del Cda da lei voluta – che Letizia ripete da anni. Ma non andò così: “Non ci mandò via lei, ci siamo dimessi noi, pur senza aver avuto alcuna responsabilità su quanto stava accadendo”, ricostruisce Ferri, “in particolare per quanto stava succedendo col primo sistema di prenotazione dei vaccini, costruito su espresse indicazioni di Moratti (allora assessore al Welfare, ndr) e Guido Bertolaso (allora capo dell’Unità di crisi, ndr)”.

Per Ferri la scelta sciagurata di non usare la piattaforma di Poste, ma di farne costruire una ad hoc da Aria, fu proprio dei due che nei mesi successivi avrebbero attaccato più ferocemente l’agenzia: “Contrariamente alle indicazioni di Poste, che aveva un sistema dove il cittadino si prenotava nelle agende disponibili, Bertolaso voleva un sistema dove i singoli cittadini fossero chiamati e indirizzati al centro vaccinale più vicino – ricostruisce Ferri – Poste rispose di non essere in grado di farlo per 10 milioni di abitanti. E allora Bertolaso disse: “Bene, lo fa Aria…”. Poi sicuramente anche i tecnici di Aria hanno fatto errori, perché gli anziani spediti a vaccinarsi a grandi distanza ci sono stati eccome”.

Per Ferri, quindi, i due presero le decisioni e quando si rivelarono sbagliate, scaricarono le colpe sul cda. Per anni i consiglieri hanno sopportato in silenzio. Fino a oggi. “Quando vengono fatte incongruenze temporali come per le mascherine, o vien detto il falso, come sui sistemi vaccinali, è mio dovere dire che andò in maniera diametralmente opposta. Come Cda ci siamo presi responsabilità che è palese non fossero nostre, ma politicamente faceva comodo”.

Quella che racconta Ferri è la storia di un rapporto sempre più burrascoso tra il cda di Aria e Fontana, esploso con lo scandalo dei camici e il conseguente allontanamento dell’allora Dg Buongiovanni (poi indagato insieme al presidente): “Noi siamo stati un Cda modello, perché abbiamo fatto un’opera di ricostruzione, di recupero dei crediti, di messa in ordine di tutte le procedure gestite in urgenza dopo il primo lockdown. Ci siamo comportati in maniera esemplare, tanto che nessuno di noi è stato indagato. Anzi siamo stati sentiti come testimoni sulla vicenda camici. E probabilmente tutto ciò non è stato gradito in Regione…”. (Andrea Sparaciari, il Fatto quotidiano, 5 gennaio 2023)

Il Fatto quotidiano, 4 e 5 gennaio 2023
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