GIUSTIZIA

Felice Casson: “Cambiare la legge Severino? Un segnale alla casta”

Felice Casson: “Cambiare la legge Severino? Un segnale alla casta”

È stato senatore indipendente nelle liste Pd dal 2006 al 2018, Felice Casson, dopo aver fatto il giudice istruttore e il pm a Venezia, indagando sull’eversione nera, Gladio, i reati ambientali di Porto Marghera. “Dopo la politica, non ho ritenuto opportuno tornare a fare il magistrato: sono andato in pensione e ora sono in Colombia e Messico per conferenze e incontri sui desaparecidos, sui delitti ambientali e la corruzione”.

Negli anni in cui fu varata la legge Severino, lei era senatore, componente della commissione Giustizia e della giunta delle Elezioni e delle immunità parlamentari, quella che decretò l’uscita di Silvio Berlusconi dal Senato dopo la condanna definitiva per frode fiscale.

Sì, e ancora ricordo il mio stesso stupore per il comportamento dei parlamentari di Forza Italia, che votarono la legge Severino, senza rendersi conto che il loro capo stava andando verso la condanna definitiva che lo avrebbe fatto escludere dal Parlamento.

Sono trascorsi dieci anni dal varo di quella legge. Ha funzionato? Che bilancio possiamo fare oggi?

Ha funzionato bene. Ha dato un segnale importante, che andava dato, in un momento in cui la credibilità dei politici italiani era bassissima. È stata necessaria, per convincere gli italiani che comunque c’erano in Parlamento dei politici che volevano cambiare la situazione, che rispettavano la Costituzione la quale impegna i politici a servire le istituzioni con dignità e onore.

Oggi molti la vorrebbero cambiare. O eliminare.

Sarebbe un pessimo segnale politico e sociale. Negativo per i cittadini che ancora non si fidano dei politici, positivo per i politici che cercano in tutti i modi di abbassare il livello di controllo di legalità.

Molti dicono che la legge Severino va modificata perché è “retroattiva”, perché colpisce comportamenti anche precedenti alla sua entrata in vigore.

Sì, lo dice anche l’attuale ministro della Giustizia Carlo Nordio. Non deve aver letto le sentenze delle Corti supreme, della Cassazione e delle Corti europee, che ribadiscono che la decadenza e l’ineleggibilità previste dalla legge Severino non sono pene accessorie, ma sanzioni amministrative collegate al fatto reato. Dunque la retroattività non c’entra nulla. Abolire o modificare la legge Severino, allargandone le maglie – come in qualche momento vorrebbe fare anche il Pd – sarebbe un segnale pessimo per la politica. Sarebbe un segnale di tutela della casta. La legge andrebbe invece rafforzata. E i parlamentari che siedono nella giunta delle Elezioni e delle immunità dovrebbero agire e decidere come giudici imparziali, non come colleghi di casta.

Un politico o amministratore, insomma, è ineleggibile o decade dalla carica – secondo la legge Severino – per il suo stato presente di condannato, anche se i fatti per cui è stato condannato sono precedenti. Ma oggi si vorrebbero ammorbidire anche abuso d’ufficio e intercettazioni.

È già stato abolito l’interesse privato in atti d’ufficio (articolo 324) e ci si è concentrati sul cosiddetto “abuso innominato” (articolo 323) che è stato comunque anch’esso più volte cambiato, anche dal centrosinistra. Si sono allargate le maglie della legge, sostenendo che un sindaco o un amministratore non può firmare alcun atto perché rischia sempre di commettere un reato. Ma non è vero. Nordio vorrebbe ridurre anche le intercettazioni, che invece in Italia sono uno strumento fondamentale di contrasto alla criminalità.

Il Fatto quotidiano, 8 novembre 2022
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