GIUSTIZIA

Scandalo camici: Fontana torna puro. Ma quando spiegherà i suoi pasticci svizzeri?

Scandalo camici: Fontana torna puro. Ma quando spiegherà i suoi pasticci svizzeri?

Lo scandalo dei camici? Mai avvenuto. Attilio Fontana, il presidente della Regione Lombardia che ne è il protagonista assoluto, torna puro come un giglio. Lo sostengono gli uomini della Lega e del centrodestra, dopo che il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta su Fontana per autoriciclaggio e falso in voluntary. Partita chiusa. Ma è proprio così?

La storia, comunque sia, è gustosa e vale la pena di ricapitolarla. Nel marzo-aprile 2020, di fronte all’esplodere dell’emergenza Covid in Lombardia, la Regione cerca con urgenza materiale sanitario, tra cui camici, calzari e altri dispositivi di protezione. Il 16 aprile, la Regione firma un contratto con una azienda, la Dama spa, che s’impegna a fornire 75 mila camici al costo di 513 mila euro.

A maggio, però, un giornalista di Report va a chiedere spiegazioni al proprietario della Dama spa: Andrea Dini, cognato di Fontana, che la controlla al 90%, insieme alla sorella (che ha il 10%), Roberta Dini, che guardacaso è la moglie del presidente Fontana. Per non ammettere un affare in conflitto d’interessi, Fontana prima nega di conoscere la vicenda, poi cambia versione e dice che si trattava di una donazione gratuita.

Il 20 maggio, Dini comunica alla Regione di rinunciare ai pagamenti (in realtà già fatturati) e trasforma in donazione la fornitura dei 50 mila camici già consegnati. Non “dona” però i restanti 25 mila camici, che tenta invece di vendere a prezzo maggiorato a una azienda di Varese. Era stato Fontana, il 17 maggio, a chiedere in segreto al cognato di rinunciare all’affare. E due giorni dopo, per “risarcirlo”, aveva ordinato alla Unione Fiduciaria di effettuare al cognato un bonifico urgente di 250 mila euro.

Da attingere da soldi suoi privati: parcheggiati in un conto svizzero Ubs su cui c’erano 5,3 milioni di euro. Questa mossa diventa pubblica perché l’ufficio antiriciclaggio della Unione Fiduciaria segnala l’operazione alla Banca d’Italia, con una Sos (“segnalazione di operazione sospetta”) che arriva alla Guardia di finanza e alla Procura di Milano.

Fontana si trova così indagato. Per una doppia ipotesi di reato. La prima è frode in pubblica fornitura: per aver disatteso il contratto con cui la Dama spa si era impegnata a fornire alla Regione 75 mila camici, non solo i 50 mila “donati”. Su questa imputazione, deciderà il giudice nell’udienza preliminare che ci sarà a maggio. Ma per uscire dal pasticcio della fornitura in conflitto d’interessi dei camici chiesti alla ditta del cognato, Fontana si è ficcato in un pasticcio più grande e ben più imbarazzante: ha fatto sapere al mondo che aveva misteriosi conti all’estero, aperti in Svizzera nel 1997 e nel 2005, poi schermati da società e trust alle Bahamas e in Liechtenstein e infine “sbiancati” nel 2015, con la voluntary disclosure.

Come direbbero i suoi amici veneti, pezo el tacón del buso, peggio la toppa del buco. Da questo è scaturita la seconda imputazione, di autoriciclaggio e falso in voluntary, perché i pm sono convinti sia stata fatta in modo irregolare. Soldi di famiglia, “allora si usava così”, tenta di spiegare Fontana. Ma oltre al conto del 1997, intestato alla madre dentista, sul quale però Fontana aveva potere di firma, c’è un secondo conto, del 2005 (aperto con una firma dubbia dalla madre di 82 anni, ormai in pensione a 20 mila euro l’anno): vi affluiscono i 3,4 milioni del primo conto, che si aggiungono ad altri 2 milioni che compaiono magicamente dal nulla.

Di chi sono? Da dove vengono? Non lo sapremo mai, perché la Svizzera non ha risposto alle rogatorie dei magistrati di Milano. Ecco perché la Procura ha dovuto chiedere l’archiviazione. Ma restiamo ai fatti, che siano o non siano reati: perché Fontana ha mentito ai cittadini e agli elettori e continua a tenere nascosti i suoi arzigogolati pasticci svizzero-caraibici?

Fontana ha mentito sui suoi conti all’estero. Di chi sono i 5,3 mil nascosti al fisco in Svizzera? Da dove vengono i 2,3 mil che nel 2005 si aggiungono ai 3 del primo conto della madre? Di chi è la firma d’apertura del secondo conto? Perché il tesoro in Svizzera è schermato da società e trust alle Bahamas e in Liechtenstein?

Il Fatto quotidiano, 27 gennaio 2022
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