POLITICA

Milano, il candidato anti-Sala

Milano, il candidato anti-Sala

Il vero candidato sindaco alternativo a Giuseppe Sala non è Luca Bernardo, il pediatra con la pistola che è favorevole a tutti i grandi affari e a tutte le operazioni immobiliari avviate da Sala. È Gabriele Mariani, ingegnere e architetto, sostenuto da due liste, Milano in Comune e Civica AmbientaLista. È lui a raccogliere il testimone di Basilio Rizzo, che dopo 38 anni di battaglie dentro il Consiglio comunale, da Tangentopoli alla Seconda Repubblica, dà il suo addio a Palazzo Marino.

È lui a rappresentare l’unica opposizione rigorosa e professionalmente competente alla trasformazione urbanistica in corso, che continua il consumo di suolo, regala aree e progetti ai privati e moltiplica i quartieri per ricchi, dimenticando le periferie, accrescendo le disuguaglianze sociali e travestendo di verde una politica il cui vero colore è il grigio del cemento.

È lui il vero anti-Sala, infatti è oscurato dai media ed escluso dai confronti di Repubblica, ormai organo elettorale del sindaco uscente. Mariani, 58 anni, milanese cresciuto al Corvetto, oggi vive a Segrate insieme al suo compagno. Ha fatto per anni la libera professione, dopo aver portato a casa le sue due lauree in ingegneria e in architettura. Nel 2009 ha cominciato a fare politica, per sostenere Ignazio Marino che si presentava alle primarie del Partito democratico. Si è allora iscritto al gruppo più glam del nuovo Pd milanese, che aveva al suo interno la cucciolata ultra-renziana dei Pierfrancesco Maran, Pietro Bussolati, Lia Quartapelle.

Li conosce bene. E proprio la politica urbanistica di Maran è stata uno dei motivi che lo ha spinto a candidarsi in alternativa a Sala. Per Mariani fare politica è sempre stato stare vicino ai comitati di cittadini in lotta contro le espansioni urbanistiche e il consumo di suolo. Nel 2016, da presidente Pd della Zona 3, critica l’accordo con le Fs per cementificare gli scali ferroviari, protesta contro lo spostamento dell’Istituto neurologico Besta sulle aree Falck di Sesto San Giovanni, organizza un convegno in cui emergono i rischi del trasloco dell’università Statale da Città Studi alle aree Expo.

“Da lì è iniziata la sharia del Pd nei miei confronti”, racconta. Lascia il partito, ma non il rapporto con i comitati e gli urbanisti contrari alla gentrificazione totale della città. Vuole cambiare il Pgt, il piano di governo del territorio, vuole rivedere l’accordo sugli scali Fs, vuole bocciare il progetto che a San Siro abbatterà il Meazza e porterà nuovo cemento. Più attenzione vera alle periferie, meno edificazioni, più trasporti pubblici e aria più pulita, invece del greenwashing tutto annunci e propaganda di Sala. Non è vero – sostiene – che i comitati dei cittadini sappiano dire soltanto dei no. C’è una alternativa possibile alla crescita privatistica della città, si può tornare a fare scelte dettate dall’interesse generale. “E non è una strada alternativa, è l’unica visione di buon senso per governare Milano”.

La narrazione dominante racconta che la città è ripartita con Expo. “La vita dei milanesi non è cambiata grazie a Expo. I miliardi spesi per l’esposizione si sarebbero potuti impiegare per migliorare le condizioni di vita delle persone che vivono in periferia”. Dimenticate e senza rappresentanza.

“Le elezioni del sindaco sono in due turni”, dice. “Al primo, ciascuna forza politica ha il dovere di presentare un proprio programma e non di correre subito all’ombra del re”. Mariani si propone dunque come alternativa secca, per cercare di far pesare le idee di chi pensa che Milano non sia il parco giochi delle immobiliari, ma una città da restituire ai milanesi. E al secondo turno (se Sala non vincerà già al primo)? “Non darò indicazioni di voto per alcun candidato. Il nostro elettorato è maturo e consapevole, con saldi valori antifascisti. Quindi sarà libero di votare o di non votare Sala”.

Il Fatto quotidiano, 1 ottobre 2021
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