SEGRETI

Dossier Venezuela-Cinquestelle: indagine a Milano

Dossier Venezuela-Cinquestelle: indagine a Milano

di Gianni Barbacetto e Valeria Pacelli /

Il fascicolo annunciato è stato effettivamente aperto ieri pomeriggio dalla Procura di Milano. “Accendiamo un faro sulla vicenda del presunto finanziamento da 3,5 milioni di euro che sarebbero arrivati dal governo di Hugo Chavèz, allora presidente del Venezuela, al fondatore del Movimento 5 Stelle Gianroberto Casaleggio”.

Così spiegano in Procura. Un atto dovuto, dopo le notizie pubblicate dal quotidiano spagnolo Abc e riprese dalla stampa italiana, per far chiarezza su un caso che potrebbe essere un finanziamento illecito, oppure una bufala ai danni dei Cinquestelle. È un fascicolo conoscitivo “a modello 45”, cioè al momento senza indagati né ipotesi di reato. Lo segue il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, coordinatore del gruppo di pm che si occupano di reati contro la pubblica amministrazione ed economico-finanziari.

I fatti, smentiti sia dall’ambasciata venezuelana a Roma che dal M5s, secondo quanto racconta Abc risalgono al 2010. Tre giorni fa il procuratore di Milano, Francesco Greco, rispondendo ai cronisti che gli chiedevano se ci sarebbero state indagini sul caso, aveva risposto che a una prima valutazione la vicenda “non sta in piedi” e che in ogni caso “è tutto prescritto”. Un’eventuale ipotesi di finanziamento illecito, infatti, sarebbe caduta in prescrizione nel 2016.

Ma ora si dovranno effettuare approfondimenti innanzitutto sull’autenticità del documento venezuelano esibito come base dell’inchiesta del quotidiano spagnolo. Anche per accertare se la vicenda sia stata creata ad arte per danneggiare il Movimento 5 stelle.

In Venezuela continua intanto la perizia commissionata dal ministero della Difesa sul documento alla base delle rivelazioni di Abc. Secondo quanto riportano al Fatto quotidiano fonti dell’ambasciata venezuelana a Roma, sarebbero molte le anomalie che fanno pensare a un falso. Oltre all’intestazione, ai timbri e alla data, di cui il Fatto ha già scritto tre giorni fa, gli esperti al lavoro in Venezuela hanno notato che il documento presenta delle “cancellature” e manca di un numero di protocollo.

Come detto, perplessità riguardano anche l’intestazione e il simbolo dello Stato venezuelano riportati sul documento. L’atto pubblicato dal quotidiano spagnolo riporta in alto: “Ministerio de la Defensa”. Secondo fonti dell’ambasciata venezuelana a Roma, questo basta per dimostrare che si tratta di un falso: “Abbiamo cambiato i nomi dei nostri ministeri nel 2007”, spiegavano nei giorni scorsi.“Da allora tutti si chiamano ‘Ministerio del Poder Popular para…’ e così via. In quella nota del 2010, redatta dunque tre anni dopo questa modifica, non c’è il cambio del nome del ministero”.

L’intestazione corretta sarebbe dovuta essere: “Ministerio del Poder Popular para la Defensa”. Un altro dubbio riguarda il simbolo dello Stato riportato sul documento. “Il simbolo è stato modificato nel 2006: da allora la testa del cavallo è rivolta verso sinistra”, hanno spiegato giorni fa dall’ambasciata venezuelana a Roma. E ora aggiungono: “Nella nota non c’è nemmeno il numero di registrazione dell’atto”. Manca insomma il numero di protocollo, elemento necessario – spiegano – per documenti con informazioni così delicate. Sulla carta sarebbero state riscontrate inoltre “cancellature” che farebbero pensare che il documento è stato “fabbricato” fuori dai canali ufficiali. In ogni modo, la perizia “di parte” è ancora in corso.

“Accolgo con favore l’apertura dell’inchiesta avviata per fare luce sul fango gettato contro mio padre”, scrive Davide Casaleggio su Facebook. “Ho depositato una querela chiedendo che venga riunita al fascicolo d’inchiesta già aperto. Non credo sia tollerabile in un sistema democratico che venga utilizzato un foglio palesemente contraffatto per screditare una persona che non c’è più. Andrò fino in fondo”.

Ora il gruppo di magistrati milanesi coordinati da Maurizio Romanelli cominceranno le verifiche, partendo da quelle che è possibile fare in Italia. Non sono poi escluse rogatorie per compiere verifiche anche all’estero.

Il Fatto quotidiano, 18 giugno 2020
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