POTERI

La verità sulla mafia. A teatro

La verità sulla mafia. A teatro

Scriveva Eduardo De Filippo che “il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita”. È un mondo irreale in cui si può finalmente capire quello reale. È un cerchio magico che diventa, spente le luci e aperto il sipario, più reale del reale. Da otto anni Giulia Minoli lavora su un pezzo di realtà dura, sgradevole, a lungo addirittura negata dalla cultura e dalla politica: la mafia, la presenza criminale tra di noi, dentro la nostra vita, dentro la nostra storia.

Nel 2011 ha portato in scena al Teatro di San Carlo di Napoli uno spettacolo dal titolo Dieci storie proprio così, in cui i poteri criminali e la ribellione di chi vi si oppone venivano raccontati con la magia del teatro e la forza della verità. Negli anni sono cresciute la riflessione sui fatti e la pratica sui palcoscenici di tutta Italia e oggi il viaggio di Giulia Minoli, accompagnata da Emanuela Giordana, ha preso le forme di uno spettacolo nuovo: Se dicessimo la verità, in scena fino al 3 marzo al Teatro Studio Melato di Milano. Apre il Festival dell’impegno civile “Un’altra storia”, organizzato con il Piccolo Teatro, che presenta musica, proiezioni e dibattiti.

Come il teatro delle compagnie girovaghe si modificava a mano a mano che il viaggio lo portava su nuovi palcoscenici, così lo spettacolo di Giulia Minoli ed Emanuela Giordano si è via via arricchito, dopo otto anni e tante storie raccontate, fino a diventare quello che è oggi. In ogni città dove approdava si integrava con le storie e i personaggi locali, si intrecciava con i dibattiti e i contributi che via via si aggiungevano. Ora è arrivata anche la collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, con il corso di Sociologia della criminalità organizzata tenuto da Nando dalla Chiesa, con il quale il Piccolo Teatro, attraverso l’“Osservatorio sul presente”, svolge da anni un lavoro di studio e riflessione sui temi della legalità.

La mafia non è solo un brutto spettacolo a cui assistiamo: ci coinvolge e ci attraversa. La nuova forma scenica ci interroga anche sul contributo che ciascuno di noi può dare al crescere dell’illegalità, offrendo più spazio ai poteri criminali e assumendo la corruzione come modus vivendi. “Se dicessimo la verità” ci mostra che la verità è molto più insidiosa e scomoda di quanto siamo disposti a confessare a noi stessi.

Tra i protagonisti raccontati in scena c’è il giovane giornalista siciliano Paolo Borrometi, sotto scorta a causa delle sue inchieste sulla mafia tra Ragusa e Siracusa. C’è Tamara Ianni, 29 anni, testimone chiave nel processo contro il clan Spada di Ostia. C’è Maria Stefanelli, vedova del boss Francesco Marando, che si è ribellata alla famiglia di ’ndrangheta di Platì impianta da anni nell’hinterland torinese e oggi vive in un luogo segreto sotto la protezione dello Stato: “La mafia mi ha ucciso quasi tutti in famiglia: abbiate il coraggio di denunciare”.

“Purtroppo”, spiega Giulia Minoli, “non possiamo più parlare solo di infiltrazioni mafiose al nord, ma di complicità con il crimine, di prassi criminale a cui ci stiamo abituando, con distratta colpevolezza”.

Accanto allo spettacolo al Teatro Studio, tra le iniziative del Festival dell’impegno civile segnaliamo il concerto “Al posto mio”, con il rapper napoletano Lucariello (1 marzo, al Beccaria, il carcere minorile milanese di via Calchi Taeggi); il dibattito sulla rete antimafia con Nando dalla Chiesa, Alessandra Dolci e Monica Forte (2 marzo, al Piccolo Teatro Grassi di via Rovello); e il faccia a faccia tra il giornalista Giovanni Minoli e il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri (2 marzo, al Piccolo Teatro Studio).

Il Fatto quotidiano, 1 marzo 2019
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