POLITICA

Casellati: elogio di Andreotti (con piccole amnesie)

Casellati: elogio di Andreotti (con piccole amnesie)

Più che un intervento, un’ode a Giulio Andreotti, un peana: la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, nel partecipare alla presentazione del libro di Massimo Franco, C’era una volta Andreotti, finisce per stupire perfino l’autore. Inanella elogi assoluti al democristiano sette volte presidente del Consiglio, senza neppure un accenno a particolari trascurabili quali i suoi rapporti con il bancarottiere Michele Sindona, la sua stretta vicinanza a personaggi coinvolti nei più gravi scandali della Repubblica, i suoi contatti con Cosa nostra, la sentenza che lo dichiara prescritto per il reato di associazione mafiosa, “commesso fino alla primavera del 1980”.

Perfino la sua schiena ricurva diventa motivo di elogio: per Casellati, “il piccolo cratere visibile all’altezza delle spalle sul suo scranno di senatore a vita”, impronta della schiena, è “un vero monumento della sua fisicità non fisica”.

A Roma, il 7 febbraio, la presidente del Senato è un fiume in piena: Andreotti ha dato un “contributo decisivo alla storia della nostra democrazia parlamentare”. “Grande esponente del cattolicesimo politico”, ha fatto diventare politica “la sua romana cattolicità”. Spiega Casellati: “La sua identità cattolica si rivela nella duplice accezione del realismo e dell’universalismo. Il realismo anzitutto inteso come apertura alla realtà nella totalità dei suoi fattori, declinato poi nell’azione politica concreta in pragmatismo e capacità di azione”.

C’è poi la “capacità tutta andreottiana di dare corpo al principio di sussidiarietà, espressione del diritto di libertà individuale e sociale, capacità che lo ha condotto a ricercare sempre un punto di equilibrio tra la valorizzazione dell’iniziativa privata, il ruolo di regolazione dello Stato e soprattutto il sostegno alle formazioni sociali”. Si riferisce forse a Comunione e liberazione?

Dove ha mostrato “la sua identità di cattolico romano” è stata nella “vocazione internazionale che ha caratterizzato sin dagli esordi la sua carriera parlamentare e di governo. L’originalità della sua politica estera, una eresia atlantista, demonizzata per via dei contatti con il leader libico Gheddafi, con la Palestina e i Paesi arabi. In realtà una politica estera sempre profondamente vicina ad Israele, ma in grado di esprimere la formidabile intuizione della necessità insopprimibile di un’apertura di dialogo verso l’Oriente e il Sud del pianeta”. Restano da spiegare i patti segreti con gli arabi, anche con gruppi terroristi, e che cosa abbia concesso loro in cambio del fatto che l’Italia fosse lasciata fuori da attentati.

La presidente del Senato ha elogi anche per “il profilo umano del personaggio Andreotti”: va “definitivamente superato lo stereotipo di un Andreotti distaccato, anaffettivo e incapace di emozioni; emerge invece una figura – come lo definiscono i figli – di un babbo distratto, affettuoso, ironico e terribilmente pigro” e “capace sempre di un affetto certamente controllato, ma intenso. Un affetto forte che rendeva calda e accogliente la vita familiare sempre pervasa da ironia e autoironia”.

Negli ultimi minuti del suo intervento, Casellati accenna con pudicizia alle “vicende a tutti note dei processi nei quali fu imputato e poi assolto”. Assolto, afferma senza dubbi. Che sia stato prescritto per un reato di mafia che i giudici affermano definitivamente “commesso” non sfiora la presidente del Senato, che se la cava così: “Il giudizio su queste vicende, oltre che definitivamente consacrato ormai da sentenze definitive, dovrà essere consegnato a uno sguardo di obiettività storica”. La Storia obiettiva, contro i giudici evidentemente non obiettivi.

Ma Andreotti è sempre Andreotti: riesce a uscire con uno sberleffo anche da “vicende così dolorose dall’interno del vissuto e dell’esperienza di una persona e di una famiglia”. La prova: “l’episodio descritto in tono divertito e divertente dei cannoli siciliani divorati dal senatore nelle pause del processo di Palermo”. È stato sodale dei mafiosi almeno “fino alla primavera 1980”, dice la sentenza. Ha certamente incontrato il capo dei capi di Cosa nostra Stefano Bontate. Ha anche certamente avuto un incontro con il suo successore, Totò Riina (ricercato da decenni), che ha rimbrottato perché aveva fatto uccidere il capo del suo partito in Sicilia, il dc Piersanti Mattarella. Eppure con qualche cannolo passa la paura: per Elisabetta Alberti Casellati, Andreotti resta un esempio politico e umano, per “l’attenzione, la partecipazione, la dedizione, il rispetto che il senatore Andreotti ha sempre nutrito per la democrazia parlamentare e le sue istituzioni rappresentative”.

Il Fatto quotidiano, 10 Febbraio 2019
To Top