MILANO

Milano, il migliore dei mondi possibili, è anche l’Ortomercato violento e corrotto

Milano, il migliore dei mondi possibili, è anche l’Ortomercato violento e corrotto

Non si può parlar male di Garibaldi. E neanche di Milano, che com’è noto è il migliore dei mondi possibili. Intendiamoci: a Milano si vive bene, è l’unica città europea d’Italia, e io l’amavo e la difendevo quando voi tutti dicevate che era brutta, triste e grigia; e continuo a difenderla oggi da chi l’attacca immotivatamente. Ma oggi nessuno l’attacca perché il mainstream è: “Milano è meravigliosa a prescindere”. Lo storytelling è: “Milano quanto sei bella e vincente”. Tanto che vengono oscurati anche i fatti, i duri, incontrovertibili fatti. Quanti di voi, miei cari venti lettori, sanno per esempio che c’è un’inchiesta giudiziaria aperta sull’Ortomercato milanese? Che il direttore generale della Sogemi (la società del Comune di Milano che controlla l’Ortomercato), Stefano Zani, è indagato dalla pm Ilda Boccassini per corruzione e turbativa d’asta?

L’Ortomercato è un luogo-simbolo di Milano, a lungo tenuto in ostaggio dalle organizzazioni mafiose che per decenni hanno fatto i loro affari dentro i mercati generali di Milano. Fin dai primi anni Novanta si erano trovate tracce della presenza dei Morabito, il clan di Africo alleato con le ’ndrine dei Palamara e dei Bruzzaniti che si era via via liberato della concorrenza di Cosa nostra e Camorra all’Ortomercato, diventando il monopolista criminale della piazza. L’operazione “For a King” del maggio 2007 rivelò che il boss della ’ndrangheta Salvatore Morabito aveva aperto addirittura un night club dentro i locali della Sogemi: il “For a King”, appunto.

Vecchie storie nere. Quelle nuove parlano di otto avvisi di garanzia piombati dentro gli uffici della nuova Sogemi, che per conto del Comune di Milano gestisce il mercato agroalimentare più grande d’Italia, ortofrutticolo, ittico, floricolo e delle carni, 650 mila metri quadrati, 600 mila tonnellate l’anno di prodotti, 11 mila utenti, giro d’affari 2,5 miliardi di euro.

Dell’indagine sappiamo poco. Una presunta tangente di “2 mila euro in contanti” (rata di una mazzetta più consistente? stipendio mensile?) “consegnata al direttore generale il 25 ottobre 2018” in cambio di un occhio di riguardo per una società di facchinaggio, la Ageas, amministrata da Antonio Gnoli. Questa storia ha anche un eroe positivo, un ispettore dell’Ortomercato addetto al controllo delle cooperative di facchinaggio, che l’11 gennaio 2018 avrebbe rifiutato la mazzetta, facendo poi partire l’inchiesta. “Ma tu quanto guadagni in Sogemi?”, gli avrebbe chiesto Gnoli. “Dai dimmelo. Quando vai in pensione? Vieni a fare consulenze da noi. Al tuo uomo quanto gli dobbiamo dare, 1.500 euro? Dicci tu. Sei l’imperatore del mercato, quello che tu dici noi facciamo”.

L’ispettore dice no. E allora riceve a casa una busta con un proiettile e un foglietto con su scritto “I bastardi si castigano. Tocca te”. I non bastardi invece si pagano. Almeno secondo le ipotesi d’accusa ancora tutte da provare. Secondo i magistrati della Procura di Milano, a fine novembre 2018 il direttore generale e i suoi sodali avrebbe “turbato il procedimento amministrativo” alla base del “bando di gara Ageas per l’assegnazione dei servizi di facchinaggio per il 2019”.

Tutto attorno, all’Ortomercato il clima è di aggressioni, minacce, violenza e paura. Una denuncia presentata da un facchino dice: “Noi della nostra coop cerchiamo di non girare mai da soli, siamo guardinghi e impauriti, subiamo continue provocazioni. Sono terrorizzato e sto anche pensando di lasciare il lavoro”. Ci sono coop sospettate di pagare in nero i dipendenti e di evadere tasse e contributi. Insomma: Ortomercato far-west. Anche questa è Milano, oggi, nel migliore dei mondi possibili.

Il Fatto quotidiano, 17 gennaio 2019
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