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Milano oltre l’aperi-cena: ora arriva l’aperi-messa

Milano oltre l’aperi-cena: ora arriva l’aperi-messa

Ora c’è anche l’aperi-messa. Si sa che Milano, capitale dell’aperitivo, ha inventato l’aperi-cena. La parola è disgustosa, ma ormai anche la Treccani l’ha accettata, definendola così: “Aperitivo, servito insieme con una ricca serie di stuzzichini e accompagnato da assaggi di piatti differenti, salati e dolci, che può essere consumato al posto della cena”.

L’aperi-cena, con o senza trattino, è quel rito in cui migliaia di fighetti in camicia bianca e blazer blu si aggirano in centinaia di locali milanesi, tra le sei e le nove della sera, sorseggiando uno spritz o un Moscow Mule e riempiendo instabili piattini di carta con paste fredde scotte, verdure scondite e altri oggetti gastronomici misteriosi. L’aperi-cena è la fiera campionaria, anzi il festival di Cannes del milanese imbruttito, ma anche a Roma non scherzano, visto che in un locale della capitale, a Prati, una lavagna propone non un aperi-cena, ma addirittura un aperi-dinner.

Lasciamo stare i locali dei Navigli, di Brera, dell’Isola o degli altri mille nuovi distretti del food&drink milanese che hanno occupato la città (si salvano, per fortuna, Quarto Oggiaro e le periferie) e concentriamoci invece su Sant’Ambrogio. Intesa non come zona della città, ma proprio come basilica, una delle più belle e antiche di Milano. Qui, la domenica, c’è l’aperi-messa.

Lo spiega una cartolina postmoderna in cui sulla foto della chiesa dedicata al santo vescovo patrono della città campeggia la scritta “Urban Catholics”. Che diventa un hashtag Instagram, #urbancatholics, sotto il classico simbolo drink del bicchiere da Martini. E con le spiegazioni del caso: “Ore 19, Santa Messa. Segue sosta non vietata nel portico di Ansperto. Talk & drink”.

Il portico di Ansperto, che prende il nome da un arcivescovo morto nell’882, è il luogo bellissimo (ma forse dovremme scivere: location) davanti alla basilica in cui si celebra, dopo la messa, il rito dell’aperitivo. L’invito è sul retro della cartolina, stampata a bande grigie e verde acido: “Sosta non vietata. Chi lo dice? I preti di Sant’Ambrogio. Dove? In Sant’Ambrogio, nel portico davanti alla basilica. Quando? Per tre domeniche, dopo la messa delle 19. Perché? Per conoscersi, con una promessa: nessuna predica, nessuna conferenza, nessun relatore”. Per finire, in anglo-meneghino: “Me racumandi, save the date”.

I primi tre appuntamenti hanno come temi: “Parlarsi” il primo, “Rivedersi” il seconto, “Incontrarsi” il terzo. Per parlarsi, rivedersi e incontrarsi, ecco apparecchiati alcuni tavoli con bevande e cibi, patatine e crodini, vino fermo e frizzante. Funziona? Il nuovo abate di Sant’Ambrogio, monsignor Carlo Faccendini, sorride. “È un’iniziativa che noi preti di Sant’Ambrogio abbiamo preso per riuscire a parlare con i giovani e le persone che vengono a messa e per farle incontrare e parlare tra di loro: la comunione è incontro tra persone”.

Confesso: io all’aperi-cena milanese preferisco prima l’aperitivo e poi la cena, senza trattino e ben staccati tra loro, seduti comodi a chiacchierare gustando piatti buoni e non pastoni freddi con pizzette stantie in locali molto glam. Alla fine, meglio il portico di Ansperto, meglio l’aperi-messa, dove chi vuole riesce almeno a guardare negli occhi i suoi interlocutori, a parlare e a sorridere.

Il Fatto quotidiano, 24 maggio 2018 (versione modificata)
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