SEGRETI

Di Pietro: “Non smettiamo di cercare la verità su Daphne a Malta”

Di Pietro: “Non smettiamo di cercare la verità su Daphne a Malta”

Il pomeriggio di domenica 3 dicembre Antonio Di Pietro ha partecipato a Malta a una “manifestazione della società civile” per chiedere verità sulla morte di Daphne Caruana Galizia, la giornalista uccisa da un’autobomba il 16 ottobre 2017. A convocarla, il Civil Society Network, che in piazza ha parlato con la voce dello scrittore Immanuel Mifsud, della giornalista Caroline Muscat e dell’attivista della rete civile Miriam Galea. Hanno chiesto al governo di rimuovere il capo della polizia e il procuratore generale per non aver agito contro la corruzione. Poche ore dopo, la mattina di lunedì, il governo maltese ha comunicato l’arresto di una decina di persone.

Che cosa ci faceva a Malta, Di Pietro?

Sono stato invitato dalle colleghe di Daphne e dai cittadini che credono sia necessaria anche a Malta una sorta di Mani pulite contro la corruzione e i suoi intrecci mafiosi. Mi vedono ancora come il magistrato della Mani pulite avvenuta in Italia 25 anni fa, e pensano che anche a Malta sarebbe necessaria una Mani pulite per scardinare il sistema della corruzione locale. Prima di partecipare alla manifestazione, ho voluto parlare con il ministro della Giustizia, Owen Bonnici, e con il procuratore generale, Peter Grech.

Che idea si è fatto?

Innanzitutto che non bisogna lasciare da soli i maltesi che vogliono la verità. La maggioranza dei cittadini di Malta è nella stessa situazione degli italiani negli anni Ottanta: si disinteressano della corruzione politica, anche perché molti sono assuefatti, alcuni sono accondiscendenti e complici, in generale stanno bene, hanno benessere e una disoccupazione tra le più basse d’Europa. Così l’assassinio di Daphne ha fatto più clamore all’estero che a Malta. Eppure è eclatante quello che qui è avvenuto: una giornalista che stava indagando sui conti segreti di personaggi del governo è stata fatta saltare con un’autobomba, con un esecuzione tecnicamente mafiosa che in Italia abbiamo visto con gli attentati subiti da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Ora il governo ha annunciato gli arresti dei responsabili.

Senza fare nomi, che nel sistema maltese sono resi pubblici solo 48 ore dopo gli arresti, se il giudice li convalida. Vedremo di cosa saranno accusati. A Malta le indagini le fa la polizia, che dipende dal governo, e anche i magistrati non sono indipendenti dal potere esecutivo. Dunque dobbiamo stare bene attenti che l’inchiesta non si fermi.

A che cosa deve puntare?

Ad arrestare gli esecutori, ma anche a individuare i mandanti e a spiegare perché Daphne è stata uccisa in quel modo. Per riuscirci, bisogna partire dal lavoro che Daphne stava svolgendo: un’inchiesta giornalistica sui personaggi del governo maltese, tra cui due ministri, coinvolti nei Panama papers. I politici coinvolti dovrebbero spiegare perché avevano quei conti. Non possono limitarsi, come ha fatto uno di loro, a dire che sul suo conto non c’erano soldi: potevano esserne passati prima e potevano arrivarne in futuro. Altrimenti uno perché apre un conto? Per tenerlo vuoto? Dunque i cittadini di Malta aspettano risposte giudiziarie, ma anche politiche dai loro governanti. Bisogna capire perché Daphne è stata uccisa. Quella che si è aperta con l’autobomba mafiosa a Malta è una Mani pulite che dovrà avere un seguito giudiziario, ma anche politico. L’opinione pubblica italiana può aiutare a risvegliare le coscienze dei maltesi.

Il Fatto quotidiano, 5 dicembre 2017
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