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Il boss Graviano: il leghista Miglio “è sceso in Sicilia perché aveva un bel progetto”

Il boss Graviano: il leghista Miglio “è sceso in Sicilia perché aveva un bel progetto”

La rivelazione è pesante: Gianfranco Miglio, senatore della Lega, “è sceso in Sicilia perché aveva un bel progetto” e “s’incontrò pure con Nitto”, cioè con Santapaola, il capo di Cosa nostra a Catania. È Giuseppe Graviano a dirlo – intercettato – al suo compagno di socialità in carcere Umberto Adinolfi. Graviano, boss di Brancaccio e stratega delle stragi del 1992-93, tra il gennaio 2016 e il marzo 2017 ha parlato con Adinolfi, come lui recluso ad Ascoli Piceno, non solo di Silvio Berlusconi (“Berlusca mi ha chiesto questa cortesia… per questo è stata l’urgenza di… lui voleva scendere… e mi ha detto: ci vorrebbe una bella cosa…”), ma anche di Miglio.

Giurista, politologo, senatore del Carroccio, ideologo della Lega, Miglio, morto nel 2001, propone nei primi anni Novanta la divisione dell’Italia in tre “cantoni”: Nord, Centro e Sud. Questo suo progetto è stato a lungo sotto l’attenzione dei magistrati di Palermo Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia, titolari dell’indagine “Sistemi criminali” che aveva tentato di raccontare il piano di Cosa nostra di costruire, alla fine della Prima Repubblica, un nuovo sistema politico, con leghe del Sud che si sarebbero spartite con la Lega Nord il controllo del Paese. Alleati in questa impresa erano boss di Cosa nostra e uomini della ’Ndrangheta, massoni e reduci della P2, uomini dei servizi segreti ed eversori di lungo corso, che avevano fondato le leghe del Sud, contrapposte ma in fondo complici della Lega Nord, di cui Miglio era allora uno dei più autorevoli esponenti. Nei primi anni Novanta si tennero incontri e congressi a cui parteciparono anche il capo della P2 Licio Gelli, i fascisti Stefano Delle Chiaie e Adriano Tilgher, l’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino e gli uomini di Cosa nostra che riferivano a Leoluca Bagarella.

Ora, alla luce delle confidenze di Graviano ad Adinolfi, il ruolo di Miglio acquista più spessore e il suo progetto politico diventa qualcosa di più che una casuale coincidenza con i desideri di Cosa nostra. Acquistano nuova luce anche i racconti fatti nel 1993 dal collaboratore di giustizia Leonardo Messina ai magistrati di Palermo. Messina aveva rivelato di aver proposto di far fuori Umberto Bossi, il capo della Lega, dopo che questi era andato nel 1991 a Catania. “Io lo consideravo un nemico della Sicilia”, dice Messina. “Perché un’altra volta che viene qua non lo ammazziamo?”. Ma i boss insorgono: “Ma che sei pazzo? Bossi è giusto”. E poi gli spiegano di aver saputo da Totò Riina che non tanto Bossi, quanto il senatore Miglio, era collegato a “una parte della Democrazia cristiana e della massoneria che faceva capo all’onorevole Andreotti e a Licio Gelli”. E che era in corso un “lavoro”, a cui erano impegnati “Gelli, Andreotti e non meglio precisate forze imprenditoriali del Nord interessate alla separazione dell’Italia in più Stati”. “Dopo la Lega del Nord sarebbe nata una Lega del Sud, in maniera tale da non apparire espressione di Cosa nostra, ma in effetti al servizio di Cosa nostra; ed in questo modo noi saremmo divenuti Stato”. Concludono i magistrati: “Uno dei protagonisti dell’operazione sarebbe stato Gianfranco Miglio”.

Lo stesso Miglio ammette i rapporti sotterranei con Andreotti in una clamorosa intervista rilasciata nel 1999 al Giornale. Conferma di essere stato davvero in contatto con il leader democristiano, proprio nel 1992, in una trattativa segreta per negoziare l’appoggio della Lega alla candidatura del Divo Giulio alla presidenza della Repubblica, in cambio di una politica favorevole al progetto “federalista” del Carroccio e a un posto di senatore a vita per Miglio. Poi la trattativa abortì per l’opposizione dell’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Nella stessa intervista, Miglio parla anche di mafia: “Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ’Ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”. Ecco dunque il progetto di Miglio: “costituzionalizzare” la mafia, affidandole in gestione il Sud.

Poi, nel 1994, sia la Lega, sia Cosa nostra abbandonano il progetto secessionista e abbracciano l’alleanza con il nuovo partito di Berlusconi, Forza Italia. In seguito, Bossi rompe con Miglio (lo definisce “scorreggia nello spazio”) e con Gianmario Ferramonti, legato a Miglio, ma anche a massoni e fascisti. Le parole di Graviano arrivano ora a confermare: sì, Miglio voleva dare il Sud a Cosa nostra.

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Gianfranco Miglio, l’uomo che voleva dare il Sud alla mafia.

Il Fatto quotidiano, 14 giugno 2017 (versione ampliata)
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