POLITICA

La rimonta di Stefano Parisi, che insegue il gemello Sala

La rimonta di Stefano Parisi, che insegue il gemello Sala

L’avevano preso sottogamba, Stefano Parisi, il romano candidato sindaco a Milano per il centrodestra. Era destinato a essere stracciato da Mr. Expo, il Giuseppe Sala che piace a tutti, il candidato di Matteo Renzi incaricato di far dimenticare Giuliano Pisapia e far trionfare sotto la Madonnina il Partito della Nazione. Invece Parisi ha preso molto sul serio la sua candidatura e ha cominciato a fare una campagna elettorale vera, per niente di bandiera. Ha appena cominciato, e già i sondaggi lo danno appena 4 o 5 punti sotto Sala. Tanto che gli spin doctor di Mr. Expo e i giovani renzini del Pd milanese cominciano a essere preoccupati: la campagna di Sala, che oggi si apre ufficialmente al Teatro Franco Parenti, non sarà, come speravano, una marcia trionfale.

Intanto Parisi ha già fatto un miracolo: ha messo insieme a Milano il centrodestra che invece a Roma è diviso e litigiosissimo. Gira i mercati rionali (dove i voti si raccolgono davvero) con accanto un Matteo Salvini che a Roma le spara grosse, ma a Milano fa l’agnellino e indossa, invece delle sue felpe inneggianti alle ruspe, una sobria maglia gialla (il colore della campagna elettorale) con su scritto in blu “Stefano Parisi”. Insomma: è un Salvini di rito ambrosiano, che gli garantisce i voti leghisti delle periferie, ma stando ben attento a non spaventare gli elettori moderati del centrocittà.

Per il resto, Parisi fa da solo, senza farsi schiacciare dai toni lepenisti della Lega, ma anche dalla faccia ormai invecchiata di Silvio Berlusconi. Ha coinvolto nella campagna i due ex sindaci di centrodestra Gabriele Albertini e Letizia Moratti. Ha stretto contatti con il mondo imprenditoriale (è stato per anni direttore generale di Confindustria). Si farà sostenere da una lista probabilmente guidata da Maurizio Lupi, ma senza la sigla Ncd. E ha dalla sua parte una fetta del mondo di Cl, quella rappresentata dal direttore di Tempi Luigi Amicone, che sarà tra i candidati. Sta cercando insomma di rompere quel sistema ecumenico che si stava chiudendo attorno al Sala sostenuto dai “poteri forti” e dai salotti milanesi, dalla grande stampa cittadina e da un pezzo di Cl. Parisi ha due mesi di tempo per tessere le sue reti e convincere elettori e centri di potere milanesi che se Renzi non vince a Milano forse è meglio.

Per riuscirci, deve però far dimenticare qualche pagina del suo curriculum. Intanto è romano, nato e cresciuto nella Capitale. E la sua ultima impresa, Chili Tv, che vende nel web film e video, è tutt’altro che un successo. Tanto che si è sparsa la voce che Silvio Berlusconi per convincerlo a candidarsi gli ha promesso di comprare Chili. Lui smentisce secco. Poi deve far dimenticare la sua storia politica, di sinistra certo più di Sala. Ha infatti cominciato a far politica nei primi anni Ottanta nella sinistra lombardiana del Psi e poi nell’ufficio studi della Cgil.

Nel 1984 ha lasciato la corrente socialista che si riferiva a Riccardo Lombardi per andare a lavorare, a soli 28 anni, con Gianni De Michelis, allora ministro del Lavoro: diventa capo della sua segreteria tecnica. Segue De Michelis anche al ministero degli Esteri e nel 1992, quando la Prima Repubblica s’avvia al declino, passa a Palazzo Chigi come responsabile del dipartimento economico del presidente del Consiglio Giuliano Amato. Resterà in quello stesso posto anche con altri quattro capi di governo: Carlo Azeglio Ciampi, Silvio Berlusconi, Lamberto Dini, Romano Prodi.

Nel 1997, la svolta che lo porta a Milano. Il gran consigliere di Berlusconi per le nomine milanesi, Bruno Ermolli, lo indica ad Albertini, appena eletto sindaco, come l’uomo giusto per fare il direttore generale del Comune. Lo stesso Ermolli che pochi anni dopo, per lo stesso ruolo, consiglierà Sala a Letizia Moratti.

Da city manager di Albertini, Parisi è tra i protagonisti di un colpo grosso, una “stangata” da film al Comune di Milano: il cablaggio della città realizzato in alleanza con un’azienda privata, la e.Biscom di Silvio Scaglia e Francesco Micheli, che poi diventerà Fastweb. Il Comune ci mette i tombini, Fastweb si porta a casa 1,5 miliardi. Guarda caso, qualche anno dopo Parisi viene chiamato a fare l’amministratore delegato di Fastweb.

Da quella poltrona sconfigge Sala, allora direttore generale di Telecom Italia: gli soffia, nel 2006, l’appalto unico di fornitura per la pubblica amministrazione. Ora la gara tra i due si ripete e a Parisi piacerebbe fare il bis. Questa volta però è in palio la poltrona di sindaco in quel Palazzo Marino dove entrambi hanno lavorato come direttori generali di giunte di centrodestra.

Il Fatto quotidiano, 19 marzo 2016
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