PERSONE

La Giornata dei Giusti. Le donne che danno speranza al mondo

La Giornata dei Giusti. Le donne che danno speranza al mondo

Sonita Alizadeh, 19 anni, è una rapper che in Afghanistan si è opposta con le sue canzoni alla consuetudine delle spose bambine. Halima Bashir, medico, si è a lungo impegnata a favore delle donne vittime di violenza nel Darfur. Vian Dakhil è la deputata yazida nel Parlamento iracheno che ha denunciato al mondo la violenza sulle donne e il tentativo di genocidio degli Yazidi perpetrato dall’Isis. Flavia Agnes è un avvocato che si batte per i diritti delle donne in India. Azucena Villaflor è una delle Madri di Plaza de Mayo. Felicia Impastato è la madre di Peppino, ucciso a Palermo dalla mafia. Sono le sei donne che saranno protagoniste, quest’anno, della Giornata europea dei Giusti. È stato il Parlamento europeo, nel 2012, a decidere che il 6 marzo di ogni anno sarebbe stato dedicato al ricordo dei Giusti, le persone che nei tempi bui della storia si sono assunte la responsabilità morale di aiutare chi è perseguitato e considerato un essere superfluo o addirittura dannoso per l’umanità.

Giusti sono coloro che hanno salvato gli ebrei dalla Shoah. Ma Giusti sono anche quelle donne e quegli uomini che in altre situazioni storiche e politiche hanno deciso di salvare esseri umani anche contro le istituzioni, le autorità, le convinzioni prevalenti. A loro sono di anno in anno dedicati alberi nei Giardini dei Giusti piantati via via in molte città d’Europa, a partire da Milano. Merito soprattutto di Gabriele Nissim, che da anni anima Gariwo, l’associazione che promuove il riconoscimento dei Giusti nel mondo. Quest’anno la Giornata europea è dedicata alle donne e durerà, non a caso, dal 6 all’8 marzo, festa delle donne. “Le donne si sono caricate sulle spalle, sempre e comunque, un fardello troppo pesante, il dolore del mondo intero”, scrive Ulianova Radice, una delle colonne di Gariwo. Nei prossimi giorni ci saranno iniziative in tutta Europa, a Milano, Palermo, Roma, Firenze, Assisi, Praga, Londra, Varsavia.

Ieri, con la scena pubblica occupata da regimi totalitari, c’era chi organizzava macchine di morte per eliminare dalla faccia della terra gli esseri considerati inquinanti: ebrei, armeni, tutsi… Una “purificazione” dell’umanità dalla presenza dei diversi. Oggi questa idea ha preso altre forme, ma non è scomparsa. “C’è chi, come l’Isis, uccide in nome della religione e vuole creare una terra liberata dagli infedeli”, dice Gabriele Nissim, “una terra dove la donna è sottomessa e il patrimonio archeologico dell’umanità distrutto, come a Palmira. Ma anche nella nostra Europa riappare l’idea di una barriera: nei confronti dei migranti che premono sulle nostre frontiere per sfuggire a guerre e persecuzioni. Da noi fortunatamente non si uccide”, continua Nissim, “ma chi erige muri in Ungheria, Danimarca, Austria, Macedonia, chi si rifiuta di costruire una politica comune di accoglienza – come è accaduto nei confronti degli ebrei che venivano perseguitati in Germania e in Europa centro-orientale – abbandona quell’idea di solidarietà umana che era alla base del manifesto di Altiero Spinelli e del progetto di Europa nato dopo le macerie della Seconda guerra mondiale”.

Dobbiamo allora arrenderci a questa deriva ineluttabile? A un Medio Oriente in mano agli integralisti e a un’Europa in balia della paura e dell’indifferenza? No, risponde Nissim. “Dobbiamo continuare a guardare le donne e gli uomini che difendono a ogni costo la dignità umana. Dobbiamo raccontare le loro storie. Siano quelle di chi si oppone ai genocidi o di chi presta aiuto ai migranti, come i cittadini di Lampedusa, la Guardia costiera, la comunità di Sant’Egidio”. I Giusti rimangono anonimi e nascosti se noi continuiamo a tacere. Raccontare le loro azioni getta sul mondo una luce di speranza nel futuro.

Il Fatto quotidiano, 4 marzo 2016
To Top