MILANO

Sala, la campagna elettorale a nostre spese

Sala, la campagna elettorale a nostre spese

Nasce oggi, 11 gennaio 2016, il comitato elettorale di Giuseppe Sala che lo sosterrà fino alle primarie del 7 febbraio. A presiederlo – sorpresa – Umberto Ambrosoli, anch’egli saltato sul carro di chi si reputa vincente con uno “strappo” che ha addolorato molti amici e sostenitori dei movimenti civici di cui Ambrosoli era un punto di riferimento. Il comitato si occuperà anche dei soldi per la campagna elettorale. “Ma per ora non c’è alcun finanziatore, né ci sono sponsor”, assicura Marco Pogliani, pr di lungo corso, stratega della propaganda Expo e ora spin doctor elettorale di Sala. “Si fa tutto in economia”. Dev’essere proprio vero, visto che anche l’addetto stampa di Sala a Expo, Stefano Gallizzi, ora è stato reclutato nello staff del candidato, ma dichiara di “lavorare come volontario”.

In questo quadro, in cui non si capisce bene dove finisce il Sala commissario Expo e dove comincia il Sala aspirante sindaco, è però almeno chiaro che gran parte del lavoro di promozione è già stato fatto. E con i soldi di Expo, cioè nostri: Sala ha avuto per i sei mesi dell’evento un’altissima esposizione mediatica, con una vera e propria celebrazione della sua immagine. Mica gratis: ai principali mezzi di comunicazione, grazie ai suoi superpoteri di deroga alle norme sugli appalti, ha distribuito fiumi di denaro. In comunicazione sono stati spesi da Expo 50 milioni di soldi pubblici. Una parte di questi è andata direttamente a giornali e tv.

Solo qualche esempio. Il Corriere della sera ha ricevuto oltre 500 mila euro: alla Fondazione Corriere, 250 mila per organizzare i sei pensosi incontri di “Convivio, a tavola tra cibo e sapere” e 160 mila con la incredibile giustificazione “Massima visibilità Expo”; 154 mila sono arrivati direttamente al giornale di via Solferino come sponsorizzazione della City Marathon 2012. Circa 500 mila euro anche a Repubblica, visto che Expo è stato poi tra i principali sponsor della manifestazione “La Repubblica delle idee”. Alla Rai è arrivata la cifra record di 5 milioni. Alla principale agenzia di stampa italiana, l’Ansa, 310 mila euro. Il gruppo Sole 24 Ore ha ricevuto 64 mila euro per un “Progetto Gazzettino del 2015”. Perfino Il Foglio di Giuliano Ferrara è stato beneficiato con 85 mila euro per realizzare “un volume sull’esposizione universale”.

Più in generale, il Sala di Expo ha distribuito a Milano milioni di euro – dati ad aziende, professionisti, personalità, intellettuali, artisti, “ambassadors”, fondazioni, giornali, tv – che ora il Sala candidato capitalizza sotto forma di grande consenso in città. È una sorta di immenso “finanziamento pubblico” che gli è arrivato negli anni di Expo e che ora sfuggirà ai radar dei controlli e dei rendiconti della campagna elettorale.

Vedremo nei prossimi giorni chi aggiungerà altri soldi, privati, a quelli pubblici già spesi per costruire l’immagine di Sala. D’altra parte, anche se li dovesse tirar fuori di tasca sua, i soldi non gli mancano. Nel 2006 se n’è andato da Telecom, dov’era direttore generale, incassando 5 milioni e 680 mila euro, di cui 3 milioni come buonuscita. Per cinque anni ha poi fatto l’amministratore delegato di Expo spa, portando a casa delle belle cifre: 450 mila euro nel 2010, 400 mila nel 2011, 405 mila nel 2012, 356 mila nel 2013, 240 mila nel 2014 e nel 2015. Totale: 2 milioni e 91 mila euro.

Ora dice di essersi dimesso dal consiglio d’amministrazione, ma in realtà resta in carica fino al 31 gennaio 2016: la campagna elettorale per le primarie la fa dunque ancora da stipendiato Expo. A proposito: Sala resta anche commissario Expo del governo e (da ottobre 2015) membro del consiglio d’amministrazione di Cassa depositi e prestiti.

A usare Expo per farsi propaganda elettorale, Sala non ha rinunciato neppure dopo che i cancelli di Rho si sono chiusi. Giovedì scorso 7 gennaio 2016, per dirne una, il candidato sindaco ha inaugurato l’installazione, in un giardino di via Morosini (zona porta Vittoria), delle panchine donate dal padiglione della Germania. Con lui, Carmela Rozza, assessore ai lavori pubblici, tra i primi della giunta Pisapia a dichiarare il proprio sostegno al commissario-candidato. “Questo è un esempio di come Expo è fatto di grandi dibattiti e di piccole azioni, ma significative per la città”, ha detto Sala nell’occasione, aggiungendo, come ulteriore vanto, che, “sono già oltre 500 gli alberi di Expo che sono stati ripiantati in comuni della città metropolitana. E andremo avanti così, nel grande progetto come nelle piccole azioni: altri alberi provenienti dal sito espositivo verranno nei prossimi mesi piantati nelle scuole della città”.

Giova ricordare che gli alberi che Sala farà piantare in città sono tra i più significativi esempi dello scempio che Expo e il suo osannato manager hanno fatto del denaro pubblico. A segnalarlo è il documento dell’Audit (gli obbligatori controlli di gestione) affidato nel novembre 2013 da Expo spa a due società di consulenza, Adfor e Sernet. Il documento finale è datato 25 giugno 2014 e allinea una quindicina di osservazioni pesantemente critiche sull’operato di Sala. Tra queste, c’è anche la storia degli alberi di Expo. Il contratto per la fornitura e la piantumazione delle piante fu infatti assegnato da Sala, senza gara, alla Mantovani (azienda definita dalla magistratura “gruppo economico criminale” e il cui amministratore delegato era stato arrestato pochi mesi prima), per un importo di 4,3 milioni di euro: 716 euro a pianta. Questa cifra, però, è quasi tre volte il prezzo che la stessa Mantovani pagò all’impresa vivaistica a cui subappaltò il lavoro: 1,6 milioni di euro, pari a 266 euro a pianta. Più che applaudirlo, sarebbe il caso di chiedergli quanto ci costerà questa volta ripiantarli in città.

 

di Gianni Barbacetto e Marco Maroni, Il Fatto quotidiano, 11 gennaio 2016
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