Licio Gelli, la pista Usa
Licio Gelli era di casa negli Stati Uniti. Ha avuto rapporti con gli staff di tre presidenti – Richard Nixon, Jimmy Carter e Ronald Reagan – ed è stato invitato alle cerimonie d’insediamento alla Casa Bianca sia del democratico Carter, sia del repubblicano Reagan. La Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 ritiene provati i collegamenti internazionali della loggia, anche se segnala la “difficoltà, per non dire impossibilità, di indagare su queste situazioni che trovano sviluppo fuori dalle frontiere nazionali”.
Tra gli iscritti alla P2 c’era il capo della stazione Cia di Roma, Randolph Stone, nascosto sotto la qualifica di “industriale”. Nella loggia era in compagnia dei capi dei servizi segreti italiani, legati alla Cia da patti che li impegnavano a rispettare gli obiettivi del piano Demagnetize, ovvero a preparare “operazioni politiche, paramilitari e psicologiche atte a ridurre la presenza del Partito comunista in Italia”.
Il rapporto tra il servizio segreto Usa e quello militare italiano (prima Sifar, poi Sid) era nei fatti di subordinazione, tanto che il piano Demagnatize doveva essere tenuto nascosto anche al governo italiano, di cui in teoria Sifar e Sid erano al servizio; e la pianificazione segreta Stay Behind (Gladio) era nata nel 1956 da un accordo tra Cia e Sifar che aveva tagliato fuori governo e Parlamento che ne erano all’oscuro. Smagliature istituzionali che provano la sovranità limitata dell’Italia al tempo della guerra fredda.
Anche il servizio segreto civile italiano (l’Ufficio affari riservati) aveva stretti legami con gli americani. Il suo capo (ufficiale o di fatto) per decenni, il prefetto Federico Umberto D’Amato, iscritto alla P2 e in costanti rapporti con Gelli, è ritenuto uomo della Cia, ma aveva anche un filo diretto con l’Fbi, che per sua iniziativa venne aggregata al Club di Berna, che riuniva i principali servizi segreti civili europei.
Gelli è il punto di riferimento in Italia della massoneria internazionale, americana e sudamericana, che si schiera a fianco dei servizi segreti (e a volte sopra di essi) con l’impegno di realizzare l’obiettivo dei circoli italiani e americani dell’oltranzismo atlantico: combattere il comunismo e tenere fuori dall’area di governo il Pci. A ogni costo: anche con azioni militari coperte.
È la “guerra non ortodossa” – teorizzata dal piano Demagnatize – che dal 1969 si concretizza nella “strategia della tensione”. Gelli ne è uno dei protagonisti. Nell’ultima sentenza sull’attentato del 2 agosto 1980 è indicato tra gli organizzatori e finanziatori della strage di Bologna. Sul Venerabile sappiamo molto, ma moltissimo resta ancora segreto, soprattutto sui suoi rapporti americani.
Sono stati funzionari Usa a portar via dagli uffici di Gelli a Montevideo l’archivio uruguaiano della P2, che conteneva anche gli elenchi completi della loggia, con almeno 1.600 nomi, rimasti ancor oggi segreti, in più rispetto ai 962 trovati negli elenchi scoperti nel 1981 da Giuliano Turone e Gherardo Colombo a Castiglion Fibocchi.
