POTERI

Marina Berlusconi, Cavaliere per diritto ereditario

Marina Berlusconi, Cavaliere per diritto ereditario

di Marco Travaglio /

Mentre John Elkann si dipinge a edicole unificate come un giovane disagiato e abusato fin da piccolo dalla mamma cattiva, un’altra imprenditrice che si è fatta da sé, una self made woman venuta su dal nulla a mani nude col sudore della fronte diventa Cavaliere del Lavoro.

Stiamo parlando ovviamente di Marina Berlusconi, insignita da Sergio Mattarella 47 anni dopo il padre (costretto purtroppo a rinunciare dalla condanna per frode fiscale). A leggere i requisiti richiesti, c’è l’imbarazzo della scelta: dall’“aver tenuto una specchiata condotta civile e sociale” all’“aver adempiuto agli obblighi tributari” al possedere una “singolare benemerenza nazionale”, fra cui l’“aver operato in aree e in campi di attività economicamente depressi”.

E qui, più ancora che per la fedeltà fiscale (un vizio di famiglia), il pensiero di Mattarella è subito corso alla primogenita di B., costretta a un’infanzia di stenti nella favela arcoriana di Villa San Martino in compagnia di noti fuorilegge come il padre, Dell’Utri, Previti e lo stalliere Mangano (che scortava a scuola lei e Pier Silvio, vedi mai che facessero brutti incontri).

Quanto alla “specchiata condotta civile e sociale”, chi meglio della presidente della Fininvest e della Mondadori (cioè della refurtiva del noto scippo a De Benedetti grazie alla sentenza comprata da Previti coi soldi di B.)? Chi meglio dell’azionista di maggioranza di FI a suon di bonifici e fidejussioni (ottimi investimenti che, con una telefonatina, han salvato pure Mediolanum dalla tassa sugli extraprofitti)?

Molto specchiati anche i continui attacchi ai magistrati colpevoli di processare il padre (“persecutori intoccabili”), di far sganciare alla Mondadori il risarcimento a De Benedetti (“esproprio”!) e oggi di indagare su Dell ’Utri (“soggetti politici che infangano gli avversari” e “condizionano la vita democratica” con “accuse deliranti”). E gli insulti ai “giornalisti complici dei pm” (il complice, nel diritto arcoriano, è chi sta con le guardie, non con i ladri) e agli scrittori antimafia come il suo ex autore Saviano (“fa orrore”).

L’ultima benemerenza l’ha aggiunta lei stessa, ringraziando Mattarella per il gentil pensiero: “Da oltre vent’anni ho l’onore di presiedere Mondadori, vero e proprio patrimonio del nostro Paese (cioè di De Benedetti, ma rimasto a lei per usucapione, ndr), che ha fatto della libertà e del pluralismo la sua ragion d’essere”.

Quel pluralismo che costrinse perfino il premio Nobel José Saramago a cambiare editore dopo che Einaudi (cioè Mondadori) aveva rifiutato di pubblicargli Il quaderno per le sue critiche a B.. Ora che il cavalierato diventa ereditario e si tramanda di padre in figlia, bisognerà anche ricalibrare l’allarme sul premierato: qui siamo in pieno feudalesimo.

«Qualsiasi cosa avessi detto, Marina non avrebbe capito»
Umberto Eco (quando Bompiani rifiutò di entrare in Mondadori)

Il Lavoro di Marina: essere figlia di

di Marco Palombi /

Era inaccettabile non avere un Berlusconi Cavaliere del lavoro e, grazie a dio, Sergio Mattarella ha posto rimedio a questa mancanza: ieri l’alta onorificenza è toccata a Marina Elvira, figlia di, da oggi la Cavaliera. Lei ha dedicato l’onore al papà, “che è stato e sempre sarà Il Cavaliere”, e d’altra parte la suavita di lavoro, per cui giustamente il Colle la premia, è stata proprio dedicata a essere la figlia di Silvio, mestiere usurante se ce n’è uno, e oggi a perpetuarne la memoria nella forma del conflittino d’interessi dopo il conflittone che fu.

CLASSE 1966, IN GIOVENTÙ la Cavaliera non si segnalava né per il carattere brillante, néper il successo negli studi, compensava però avendo appreso per tempo che il silenzio è d’oro: non parlava mai allora, parla poco oggi, quasi mai in pubblico e mai a braccio.

Una riservatezza che qualcuno ha scambiato per poca vivacità intellettuale. Ad esempio quando dirigenti e autori Bompiani se ne andarono – fondando La nave di Teseo – per non finire sotto Mondadori (che aveva comprato Rcs Libri), Elisabetta Sgarbi spiegò che “Marina non ha capito perché ce ne andiamo, non ha accettato la possibilità di una nostra autonomia editoriale e gestionale”. E Umberto Eco, ingeneroso: “Qualsiasi cosa avessi detto, Marina non avrebbe capito”.

Entrata nel cda di Fininvest nel 1991, ovviamente in silenzio, la primogenita di Silvio Berlusconi guida Mondadori (conquistata dal papà con quella sentenza che poi si stabilì comprata) dal 2003, è presidente Fininvest dal 2005 e siede nel cda di Mediaset, l’attuale Mfe di diritto olandese. La casa editrice, anche grazie alla posizione di mercato dominante seguita all’acquisto di Rizzoli&C., produce discreti utili: sarà certo merito della presidente ora Cavaliera, la cui immagine pubblica è stata negli anni levigata dabravi professionisti, ma a Segrate qualche cattivone pare continui a chiamarla “la muta”.

L’editore, le fa dire il comunicato pubblicato ieri, è “il mestiere più bello del mondo” e tra i compiti dell ’editore c’è di sicuro anche quello di rifiutare i libri. Anche in questa particolare e necessaria incombenza la Cavaliera fu figlia: tra i rifiutati del gruppo da lei guidato, per dire, è celebre il caso del Nobel José Saramago – autore Einaudi fino ad allora – che nel 2009 si vide bocciare una raccolta di articoli perché in due criticava Silvio Berlusconi; nello stesso anno, sempre da Einaudi, Marco Belpoliti si vide rifiutare il saggio Il corpo del capo (sì, parlava proprio del papà), poi uscito per Guanda.

Pure la rottura tra Mondadori e Roberto Saviano, siamo nel 2011, matura attorno alla devozione filiale: lo scrittore aveva dedicato un premio ai pm di Milano, attaccati perché indagavano su Berlusconi, e Marina emise apposita nota scritta per dire “Mi fa letteralmente orrore”. L’autore di Gomorra se ne andò in Feltrinelli.

Ecco, nella sua vita di lavoro da figlia, pure i magistrati sono stati una discreta ossessione. E come poteva essere altrimenti? Nel 2013, per dire, il papà stava per diventare pregiudicato per frode fiscale e arrivava a sentenza in primo grado il processo Ruby: Marina rilasciò un’intervista a Panorama – all ’epoca di Mondadori – in cui parlava di “un attacco concentrico, un assedio”, di “furioso accanimento ideologico” di “una pattuglia di Procure” che “per colpire Silvio Berlusconi non si fermano neppure davanti al rischio di fare danni al Paese”.

Fu un periodo difficile: dopo la condanna definitiva e l’espulsione dal Senato, raccontò la berlusconiana Michaela Biancofiore, “l’ho vista vicina al padre ogni giorno. Prendeva appunti su tutte le cose di politica interna e internazionale che il padre spiegava ai suoi commensali ad Arcore”. In silenzio, per non perdersi una parola.

FORSE È PER VIA DI QUEGLI APPUNTI che oggi la nuova Cavaliera è una sorta di capofamiglia e la vera custode dell’eredità politica e intellettuale del padre, scomparso quasi un anno fa: è ovvio che Mattarella abbia dunque aggiunto la carica alla funzione.

Nel luglio scorso, per dire, fu Marina ad attaccare i magistrati di Firenze che indagavano sui mandanti delle stragi di mafia: “Mio padre è perseguitato anche da morto, vogliono la damnatio memoriae”, scrisse al Giornale. Forza Italia chiese un’ispezione ministeriale, il Guardasigilli disse no, Giorgia Meloni la liquidò così: “Non ritengo Marina un soggetto politico della coalizione”.

Seguì telefonata riparatoria, perché in realtà Marina è un soggetto politico eccome: è la leader fidejussoria di Forza Italia, visto che garantisce col fratello Pier Silvio un centinaio di milioni di debiti del partito e lo finanzia a botte di 100 mila euro coi fratelli (e quest ’anno pure col marito Maurizio Vanadia).

Ovviamente, da buona Cavaliera, Marina ha pure il suo conflittino d’interessi: a non parlar d’altro, tipo i fondi europei a Mediaset, basti citare la legge sugli extraprofitti bancari, poi cancellata dopo le proteste sue e di Antonio Tajani. Sarà certo un caso, ma il 30% di Banca Mediolanum è il vero bancomat delle partecipazioni di famiglia.

di Marco Travaglio; di Marco Palombi, Il Fatto quotidiano, 1 giugno 2024
To Top