Milano, il mirabolante Piano Casa: aree e soldi ai privati

È stato annunciato come il Grande Piano che cambierà Milano e risolverà il problema dell’abitare, un evento tipo l’Azione Parallela raccontata da Musil nell’Uomo senza qualità. I giornali hanno squillato le loro trombe, in giunta e nel consiglio comunale si sono versate lacrime per la prematura dipartita dell’estensore di tale mirabolante progetto, quel Guido Bardelli (già avvocato amministrativista dei grandi operatori immobiliari e presidente della ciellina Compagnia delle Opere) che ha dovuto disgraziatamente lasciare l’assessorato alla casa (a cui lo aveva chiamato Giuseppe Sala) dopo che erano diventate pubbliche le intercettazioni in cui discuteva come far cadere la giunta di Giuseppe Sala.
Allora, com’è ’sto fantastico “Piano straordinario per la casa accessibile” pensato per rispondere all’emergenza-affitti in città, che ora dovrà essere realizzato dall’assessore al bilancio Emmanuel Conte? In estrema sintesi: aree pubbliche e risorse collettive regalate ai costruttori privati perché facciano un po’ di case a prezzi un po’ calmierati. In cambio di regali (pubblici) ancora non quantificati.
È la solita solfa che ci propinano da anni: niente nuove case popolari, si continua anzi a svendere il patrimonio pubblico; e invece di mettere risorse per risanare e accrescere un patrimonio abitativo pubblico che sia destinato a restare pubblico, si regalano risorse ai privati nella speranza che qualcosina sgoccioli ai meno abbienti. Del resto, il Comune di Milano non ha soldi: ne ha persi molti (almeno 2 miliardi) rinunciando per anni a far rispettare le leggi agli operatori immobiliari e lasciando costruire grattacieli come fossero “ristrutturazioni” e con una semplice Scia (una autocertificazione).
Eccolo, dunque, il “Piano straordinario per la casa accessibile”: il Comune mette a disposizione gratis otto aree pubbliche, proponendo ai privati di costruire in dieci anni 10 mila case da affittare a 80 euro al metro quadro. Chi vivrà vedrà. Inventata una nuova sigla: le nuove case si chiameranno Edilizia Residenziale Sociale Calmierata (Ersc) e saranno rivolte a nuclei famigliari con redditi tra 1.500 e 2.500 euro al mese.
Al bando hanno risposto 24 operatori. Questi ora apriranno una trattativa privata con il Comune e negozieranno progetti, risorse, benefici, sconti, contraccambi, agevolazioni. “Nessun vincolo, nessuna certezza che domani sarà realizzato quanto stabilito oggi”, osserva Veronica Puija del Sicet inquilini. Nel Piano c’è anche un lotto di 500 alloggi popolari già esistenti che potrebbero essere recuperati con costi variabili da 5 mila a 10 mila euro l’uno. Ma se il Comune non troverà i soldi, ecco partire la solita miracolosa partnership pubblico-privato, cioè gli alloggi verranno assegnati a soggetti privati, che si faranno carico delle ristrutturazioni e poi potranno utilizzare il patrimonio come edilizia residenziale sociale.
Per 782 alloggi (di cui 188 sfitti) di proprietà del Comune di Milano ma fuori dai confini comunali, “il progetto”, spiega Puija, “è di stipulare accordi per la definizione di diverse forme di gestione o per la cessione degli stabili, non escludendo anche la vendita”. Ci sono poi 767 alloggi di edilizia residenziale pubblica in pieno centro di Milano o in zone di pregio (via Jacopino da Tradate, viale Lombardia, Villaggio dei Fiori): indovinate la strategia? Cedere gli stabili ai privati, che si faranno carico delle ristrutturazioni; le case di pregio saranno invece affittate a prezzi di mercato, o vendute per fare cassa.
In un piano così “straordinario”, neanche un cenno alle 109 mila abitazioni che a Milano sono vuote. Niente sugli affitti brevi che drogano il mercato. Niente sulle 13.400 domande di case popolari (dati 2023), soddisfatte con l’assegnazione di soli 387 alloggi. La risposta di Sicet, Unione inquilini e altri 35 gruppi e comitati: manifestazione contro il caro affitti e la speculazione immobiliare, giovedì 3 luglio.