SISTEMA MILANO

In Consiglio comunale la (s)vendita di San Siro

In Consiglio comunale la (s)vendita di San Siro

“Il fondo che ora controlla il Milan, per comprare il Meazza e le aree attorno spenderà meno di quanto il Milan ha incassato vendendo il centrocampista Reijnders al Manchester City”, dice il Verde Tommaso Gorini. Su San Siro il Consiglio comunale di Milano si divide, e si sfilaccia anche la maggioranza di centrosinistra. In aula, vivaci scontri verbali, clima teso, fischi e “buuu” dal pubblico. Alla fine della discussione, il voto è rimandato a lunedì, in seconda convocazione, con il quorum abbassato: basteranno non più 25 presenti, ma 15. Il Pd ammette la sua debolezza, rimanda la conta a lunedì.

Una parte della maggioranza che sostiene il sindaco Giuseppe Sala difende a spada tratta la delibera di giunta sulla vendita del Meazza che la vicesindaca Anna Scavuzzo ha presentato al Consiglio (ma che la giunta non ha votato). Qualcuno si spinge fino a difendere, con nostalgia, la Salva-Milano. L’opposizione di centrodestra respinge l’operazione San Siro e argomenta le sue contrarietà. Ma è una parte della maggioranza (Verdi e dissidenti del Pd) a pronunciare gli interventi più duri.

Il dem Angelo Turco (in dissenso con il suo partito) cita le parole dritte di Bruno Tabacci: l’operazione stadio nasconde una speculazione immobiliare. Non è dunque ragionevole votare un testo così sbilanciato a favore dei fondi che detengono, per ora, il controllo di Milan e Inter, un testo così rischioso e poco conveniente per i cittadini. “Non si può approvare, non a queste condizioni”.

Sull’aula consigliare incombono le parole del Comitato antimafia e legalità presieduto da Nando dalla Chiesa. “Il rischio mafioso permane a monte e a valle dell’operazione, perché le informazioni avute sulla proprietà non chiariscono, non riusciamo a capire con chi si sta parlando. Non ci sembra che ci sia stata una risposta adeguata da parte dell’amministrazione, se non buone intenzioni e auspici”. Il Comitato ha indicato sette “aree di rischio”.

La prima è quella che riguarda la possibilità di identificare il titolare effettivo delle società che controllano Milan e Inter. “Servono informazioni precise sulla persona fisica che è la legittima proprietaria”, ha spiegato Dalla Chiesa in una commissione preparatoria. Ma anche a valle servono garanzie sulle imprese che lavoreranno nei cantieri: “Devono essere iscritte in whitelist, perché l’uso di subappalti e caporalato nei cantieri a Milano è un problema che sta dilagando”. Insomma: “È opaco ciò che sta a monte e a rischio ciò che sta a valle”.

Ma non importa, bisogna fare in fretta. Entro il 30 settembre, perché poi il 10 novembre (almeno secondo l’amministrazione) scatta il vincolo della Soprintendenza che renderebbe non più abbattibile il Meazza. E i fondi vogliono comprare – a prezzo di saldo – lo stadio proprio per abbatterlo. Per far così scattare la legge sugli stadi che permette di realizzare l’operazione immobiliare – grattacieli, uffici, hotel, grande centro commerciale – che ripagherà i fondi e anzi li arricchirà di plusvalenze. Il 10 novembre incombe, dunque bisogna fare in fretta.

“Il sindaco ha discusso per sette anni con i rappresentanti dei fondi privati, e ora concede solo sette giorni ai consiglieri per approvare a scatola chiusa”. Così i consiglieri d’opposizione. “Sono state fatte 13 riunioni in quattro mesi con i privati”, aggiunge Enrico Fedrighini, “e adesso al Consiglio comunale sono concessi solo sette giorni per dire sì”.

Bocciata a maggioranza dall’aula la richiesta di sospendere la decisione, per dare più tempo ai consiglieri per approfondire. “Una delibera che non si può cambiare è una vergogna”, proclama il Verde Carlo Monguzzi, riferendosi alle parole della vicesindaca, che aveva annunciato che gli emendamenti presentati dai consiglieri non saranno presi in considerazione perché non si possono disattendere gli accordi contrattuali già negoziati con il compratore.

“Abbiamo lasciato tutto lo spazio alle pretese dei fondi americani, che sono il bambino che minaccia di portar via il pallone se non si fa quello che vuole lui”, aggiunge il Pd dissidente Alessandro Giungi. Enumerati i rischi e le incongruenze dell’operazione. I fondi vogliono per esempio rifare il tunnel di via Patroclo, ma a pagare (80 milioni) sarà il Comune. Enrico Marcora (Fratelli d’Italia) si rivolge a Sala: “Signor sindaco, quando ha venduto la sua casa a Sankt Moritz ha fatto così?”.

Il Fatto quotidiano, 26 settembre 2025 (versione modificata)
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