“Erano a libro-paga dei costruttori”: per tre indagati l’ipotesi di corruzione resta
No, non era affatto sgonfiata, distrutta, rasa al suolo, l’inchiesta milanese sull’urbanistica, come avevano scritto in molti dopo che il Tribunale del riesame a metà agosto aveva ordinato la scarcerazione per due imputati (il costruttore Andrea Bezziccheri e l’ex componente della Commissione paesaggio Alessandro Scandurra). Ieri, tre ordinanze emesse dal Tribunale del riesame in altra composizione (con due giudici uguali e uno diverso, su tre) hanno ribadito che l’accusa di corruzione permane per altri tre indagati, l’ex assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi, il presidente della Commissione paesaggio Giuseppe Marinoni e l’imprenditore Federico Pella.
Tancredi e Marinoni, secondo i giudici, erano pubblici ufficiali “a libro paga” dei costruttori. Per Tancredi, Marinoni e Pella la custodia cautelare ai domiciliari, ordinata il 31 luglio dal gip Mattia Fiorentini, era stata sostituita con l’interdizione per un anno dai pubblici uffici e da incarichi societari. Ma i giudici del riesame nelle motivazioni ora confermano che “il gip nell’ordinanza impugnata ha dato ampiamente conto delle fonti di prova”, “confermando il quadro di gravità indiziaria nei confronti di Tancredi”, dunque “le valutazioni del gip devono essere confermate”, “pur con le precisazioni che si diranno in relazione alla qualificazione giuridica dei fatti”: come il Fatto aveva già sottolineato, viene riqualificato il reato, contestando non la corruzione su singoli atti contrari ai doveri d’ufficio (articolo 319 del codice penale), ma la corruzione per l’esercizio della funzione (articolo 318).
Spiegano i giudici che “la riforma del 2012 (Cartabia, ndr) mediante la riformulazione dell’articolo 318 ha inteso punire proprio i fenomeni di messa a libro paga del pubblico ufficiale a prescindere dal compimento di singoli atti contrari e doveri d’ufficio”. Così per Tancredi e Pella. Per Marinoni resta contestata la corruzione per atti specifici (con “considerazione della generale spregiudicatezza criminale”).
Marinoni fu confermato presidente della Commissione paesaggio “su scelta dell’assessore all’Urbanistica Giancarlo Tancredi e del sindaco Beppe Sala”: in quel ruolo, realizza “un continuo scambio alla pari” in cui “agevola gli interessi dell’assessore” e intanto incrementa i suoi affari privati attraendo investitori per il suo progetto “Nodi metropolitani” che pur essendo privato aveva ottenuto la sponsorizzazione del Comune. Tancredi, d’altra parte, concorreva “all’accordo corruttivo tra Marinoni e il manager e socio della società di ingegneria J+S”, Federico Pella, che a sua volta utilizzava “il presidente della Commissione paesaggio per orientare i pareri della Commissione sugli interventi che gli segnalava”.
Sopra di loro, un sindaco la cui “inerzia” nei confronti del falso commesso dal presidente della Commissione paesaggio tacendo i suoi conflitti di interesse, non è contestabile come reato in concorso con Marinoni, solo perché per la legge “non è sufficiente la semplice presenza o l’inerzia di soggetti che da quella condotta traggano beneficio”. I giudici scrivono che “il meccanismo orchestrato, oltre ad essere strutturalmente sofisticato, risulta poi caratterizzato da particolari accortezze nelle modalità concrete di realizzazione”.
Il Tribunale del riesame ritiene “accertato l’intreccio inestricabile” tra il ruolo pubblico di Marinoni in quanto presidente della Commissione paesaggio e gli interessi privati di Pella e della sua società J+S. Accertata anche “l’intesa tra Marinoni e Tancredi fondata sulla messa a disposizione delle loro rispettive funzioni pubbliche agli interessi privati di taluni gruppi di imprenditori e progettisti”.
Il Comune aveva sponsorizzato il progetto “Nodi” di Marinoni, che “dietro corresponsione di specifiche parcelle”, trattava per lo “sviluppo dei progetti concordati con i ‘clienti’ e parallelamente con l’assessore Tancredi”. “L’interesse di Tancredi” non era la riscossione di tangenti di tipo tradizionale, ma “la promozione del suo ruolo ed il suo buon nome, magari in vista di maggiori e più importanti incarichi. Un interesse che sembrerebbe aver determinato l’agire dell’assessore in un crescendo in cui si è finito con il perdere di vista l’interesse pubblico”.
