San Siro ricompone la coppia Giuseppe Sala-Letizia Moratti
Si ricompone la coppia Letizia Moratti-Giuseppe Sala. Un tempo lei era il sindaco che lanciò il progetto di Milano città premium e lui il suo city manager. Oggi lui è in difficoltà dopo aver realizzato quel progetto e averlo visto naufragare (per le disuguaglianze che produce e le indagini della magistratura) e lei gli offre una mano, anzi due, per superare l’iceberg del momento (stadio di San Siro) e far riprendere la navigazione alla nave premium dell’urbanistica (con una nuova Salva-Milano), guardando insieme l’orizzonte (le elezioni comunali del 2027) dalla prora della nave, come un Leonardo DiCaprio e una Kate Winslet con più anni addosso.
Oggi 17 settembre, è previsto il voto della giunta che dovrebbe varare la delibera sullo stadio. Il 29 settembre dovrebbe arrivare in Consiglio comunale, per il voto definitivo. Con una decina di consiglieri della maggioranza che hanno già detto di non essere d’accordo. Approvazione a rischio. Ma Sala, che aveva abbracciato l’affare San Siro come Matteo Renzi il suo referendum del 2016, per smorzare la “personalizzazione” (con rischio di doversi dimettere nel caso di sconfitta: ma neanche Renzi se era dimesso) aveva detto: io lo propongo, poi a decidere saranno i consiglieri comunali.
A questo punto, saltato il referendum pro o contro Sala, l’opposizione di centrodestra a Palazzo Marino si è sentita libera di portare il suo soccorso al sindaco in difficoltà. Fratelli d’Italia e Lega zitti, Forza Italia ha fatto la mossa: una conferenza stampa in pompa magna, con due ex sindaci presenti (Letizia Moratti e Gabriele Albertini) per lanciare la scialuppa di salvataggio all’ex city manager. “Milano è ferma. Proponiamo un ‘patto per Milano’ che restituisca visione, concretezza e dialogo superando l’impasse provocata dalle vicende dell’urbanistica e di San Siro”.
Così Moratti. Che ci mette anche il carico: “Siamo pronti a sederci a un tavolo sul Salva-Milano. Lo stesso su San Siro, per sostenere un nuovo stadio, il progetto da 1,2 miliardi con la cittadella sportiva e commerciale”. Lancia anche una freccia destinata a far sanguinare il Pd: “Oggi Forza Italia fa uno sforzo, ma chiediamo uno sforzo anche all’area riformista del Pd, che deve alzare la testa”, ha aggiunto Alessando Sorte, il coordinatore del partito che fu di Berlusconi. Voglia di larghe intese alla milanese.
Reazioni del Pd? A Roma, silenzio di tomba. “Deve decidere il Pd milanese”. Per non proferire parola su San Siro e sulla tempesta politica e giudiziaria dell’urbanistica, la segretaria Elly Schlein è riuscita a imbastire alla Festa dell’unità di Milano una pièce da teatro dell’assurdo da far invidia a Samuel Beckett ed Eugène Ionesco insieme (ma anche a Crozza): ha dialogato per un’ora in inglese, su alti temi di geopolitica e sulla pesca nel Pacifico, con una ex premier della Nuova Zelanda e una portavoce dei verdi olandesi, davanti agli occhi esterrefatti e increduli dei poveri militanti del Pd. A Milano, zitti i ragazzi dell’“area riformista del Pd” a cui è stato mandato il messaggio. Ha parlato invece Pierfrancesco Majorino, per respingere l’abbraccio della morte di Letizia (“No a fasi nuove e brutali cementificazioni”).
Sala intanto va avanti, la vicesindaca Anna Scavuzzo ci mette la faccia, ma è sempre il sindaco a dare le carte. Non ai consiglieri comunali e ai giornalisti, che non hanno visto né un documento né un progetto e nulla sanno dell’opaca trattativa sullo stadio, arrivata ormai al sesto anno. La trattativa sotterranea è tra Sala e i club. Voleva affittare, poi vendere, poi ristrutturare, poi ancora vendere. L’obiettivo del lunghissimo mercato dei tappeti: dire sì al piano di Paolo Scaroni, l’eterno presidente del Milan con qualunque cambio di proprietà.
Una gigantesca speculazione immobiliare da 1,2 miliardi su terreni pubblici e un bene pubblico – l’iconico stadio Meazza – da svendere a Milan e Inter a una cifra (197 milioni) con cui a Milano non ti prendono in considerazione neppure ai tavoli della Società del Giardino. Un piccolo grattacielo come il Pirellino, per dire, è stato venduto dal Comune a Coima per 194 milioni. Il Meazza, più i preziosi terreni attorno, saranno svenduti alla fine con lo sconto, per circa 160 milioni. E renderanno ai nuovi proprietari almeno 500 milioni solo di sviluppo terziario. La Corte dei conti e la Procura della Repubblica stanno tenendo d’occhio l’operazione.
A Madrid e Barcellona hanno ristrutturato gli stadi del Real Madrid e del Barça. A Milano vogliono abbattere il Meazza e ricostruire il nuovo impianto poco più in là (ma abbastanza lontano dalle residenze di lusso che Hines sta costruendo sull’ex Trotto, che altrimenti sarebbero troppo attaccate al Meazza!). Sarà uno stadio più piccolo, più premium, più caro per i tifosi. Ma sarà soltanto l’esca per realizzare l’operazione immobiliare attorno allo stadio: grattacieli, uffici, hotel e il centro commerciale urbano più grande d’Italia. Così i fondi Usa che per ora controllano Milan e Inter potranno finalmente rivendere le squadre e incassare.
