Sala zen, avanti come niente fosse (senza domande)
Nel circolo Arci “rosso” del Corvetto, un tempo guidato da Ivan Della Mea, la Festa dell’unità (con la u minuscola) del Pd di Milano si è aperta ieri con un’intervista molto televisiva, accogliente e quasi senza domande al sindaco Giuseppe Sala. “Il momento non è semplice, sono stanco e amareggiato. Ma non ho perso un grammo della mia determinazione. Sono a una fase quasi zen: ma perché Giuseppe Conte, di fronte a una presunta indagine, chiede le mie dimissioni? Una famiglia deve restare unita”.
Molti complimenti per Elly Schlein: “Ha dimostrato un’energia che non mi aspettavo. Ci conosciamo da tanto, ci siamo visti molte volte anche a casa mia. Avevo valutato se lavorare insieme, lei come assessore. Poi si è candidata in Emilia”. Sull’indagine: “Non parlo dei magistrati, ognuno fa il suo mestiere. Ma sono preoccupato per l’immagine di Milano. Io non sono contro i grattacieli. Il problema della casa? C’è un po’ dappertutto. Ma ne io né i mei collaboratori abbiamo fatto azioni contro gli interessi della collettività. Il costruttore Manfredi Catella mi condizionava? Ma semmai il contrario”.
Nessuna domanda sui pranzi, cene e gin tonic insieme. Si è infranto il modello Milano? “Si è passati dal glorificare Milano a dare ogni colpa a Milano. Io sono orgoglioso di avere internazionalizzato la città. Certo, la crescita porta anche problemi. Forse sono stato troppo comandino: sono un manager”. “Ho rinunciato a una grande opera che mi avrebbe fatto ricordare come sindaco: la riapertura dei Navigli”.
Sulla politica interna: “Abbiamo a disposizione l’Agenda Draghi, e non la usiamo. Draghi è un campione!”. Cita Carlo Calenda: “Non è il più simpatico del mondo, ma ha ragione quando dice che il centrosinistra non ha un’offerta verso il centro. Manca una parte, è solo sinistra, e io faccio di calcolo: così non si vince”. Sulla vendita dello stadio di San Siro: “Ho portato io la croce. Mi sono accorto che avevo personalizzato troppo, come fosse un referendum su di me. Adesso dico: io faccio la mia proposta, ma a decidere sarà il Consiglio comunale”.
Leoncavallo? “Devo trovare una soluzione alternativa, un simbolo di Milano non può morire”. Il successore? “Oggi è un po’ presto per fare nomi. Ma vi dico che il presidente lombardo Attilio Fontana potrebbe voler trovare una collocazione prima della sua scadenza, così forse nel 2028 ci saranno le elezioni nazionali ma anche quelle regionali in Lombardia. Io non mi candido, o almeno oggi direi di no. Certo che il sogno della mia vita sarebbe una sfida con Matteo Salvini”.
