Salviamo il Leonka (ridotto a Sacra Reliquia del passato)
A Milano ci sono decine, forse centinaia, di grattacieli ed edifici fuori legge. Abusi edilizi. Lo hanno rivelato le indagini della magistratura, lo ha già confermato, in sede cautelare, una sentenza della Cassazione. Ma l’unica illegalità finora riconosciuta, meritevole di uno sgombero di polizia in una Milano deserta, è il centro sociale Leoncavallo.
La destra ha aperto la campagna elettorale per la conquista (anche militare) della città con un blitz realizzato in pieno agosto. Per questo parteciperò alla manifestazione del 6 settembre contro lo sgombero del Leonka. Per questo penso che sia necessario difendere anche un altro centro sociale, il Cantiere, sotto sfratto. La sua sede, oltretutto, è un pezzo della storia di questa città: prima era il Derby, il teatrino in cui si esibirono gli ancora sconosciuti Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Diego Abatantuono, Gianfranco Funari, Paolo Rossi, Antonio Ricci, Paolo Villaggio e tanti altri.
Detto questo, a me pare che la destra, maldestra come sempre, per aprire col botto la sua campagna elettorale per il dopo-Sala, abbia fatto un favore a Sala. Per qualche giorno lo sgombero del Leonka ha sostituito sui giornali, in tv, sui social, lo scandalo dell’urbanistica, ha fatto dimenticare Grattacielo selvaggio, le cene in famiglia e i gin tonic in amicizia del sindaco e del principale sviluppatore immobiliare di Milano.
Non solo. Ha ricompattato, almeno in parte, due sinistre (ci perdoni Norberto Bobbio): la sinistra che si definisce radicale e antagonista, e la sinistra Ztl che ama ricordare che cosa è stata per far dimenticare che cosa è diventata. Così politici, amministratori, giornalisti, attori ormai insediati nei salotti del potere o negli studi Mediaset hanno ricordato i bei tempi in cui andavano a bere una birra o ad ascoltare un concerto al Leonka (ci andava anche Matteo Salvini, ma lui lo ha tolto dal curriculum).
Curiosa questa Santa Alleanza degli arrivati di potere, politico o artistico, con chi predica l’attacco frontale al capitalismo. Nostalgia del passato, eco di gioventù. Nuova forma dell’ormai consolidato, a sinistra, scambio tra diritti civili e diritti sociali. I primi non costano nulla, portano like e stanno bene anche su Vanity Fair. Sono glam come i calzini arcobaleno del sindaco, o quelli con addirittura Che Guevara.
I diritti sociali invece costano, impongono scelte. Meno gin tonic con Catella e più attenzione a costruire una metropoli dove le disuguaglianze non aumentino a dismisura, più impegno a non trasformare la città in un lunapark della rendita, con 2 miliardi di euro che dovevano essere impiegati in servizi e invece sono stati lasciati nelle tasche dei costruttori.
Non costa nulla riposizionarsi a sinistra sostenendo vecchie esperienze “antagoniste” che vanno tutelate, certo, per garantire almeno un minimo di pluralismo urbano, ma che andrebbero anche ridiscusse, se è vero che negli anni alcune di loro si sono trasformate in Sacre Reliquie di un passato glorioso, famiglie settarie e litigiose impegnate, più che nell’attivismo politico, a mantenere pura e separata la linea ideologica e a contare gli incassi delle birre (qualcuno scriverà dall’interno, per esempio, la vera storia di Macao?).
In città negli ultimi anni si è consolidato il Sistema Milano. Anche l’antagonismo (proclamato) non l’ha visto arrivare. Meno male che esistono spazi liberati dal neoliberismo globale che ha contagiato tutto e tutti. Lunga vita, dunque, al Leonka e agli altri “spazi temporaneamente liberati”. Ma augurandoci che le cosiddette esperienze antagoniste ricomincino anche a fare analisi specifiche sulla città: se diciamo che tutto è genericamente kapitalismo kattivo, nei fatti lo lasciamo prosperare indisturbato, in attesa messianica del suo krollo. Con tanti ringraziamenti di Sala e Catella che continuano a fare – insieme – gli affari loro. L’attivismo civico, invece, li ha disturbati e contrastati. Quartiere per quartiere, cantiere per cantiere, grattacielo per grattacielo.
