Di antisemiti che difendono Israele e di ebrei che parteggiano per gli antisemiti
In un’epoca di paradossi, può accadere perfino che si manifestino antisemiti che difendono Israele; ed ebrei che parteggiano per gli antisemiti, purché sostengano Netanyahu. L’antisemitismo ha radici antiche e semi che si diffondono ancor oggi. Lo dimostra, se ce ne fosse bisogno, l’inchiesta di Fanpage, che ha documentato il doppio volto della destra al governo: in pubblico attenta a mostrare una faccia pulita e accettabile, in privato libera di professarsi fascista, ammiratrice del nazismo, antisemita.
Certo, nessuno si può sentire immune, i semi dell’antisemitismo volteggiano anche a sinistra. Ma non ogni critica allo Stato di Israele, alla sua attuale politica, alla carneficina di Gaza può essere qualificata come antisemitismo. E neppure il pogrom di Hamas del 7 ottobre può giustificare la reazione militare di Israele contro i civili palestinesi.
Tutto ciò fa parte di un dibattito doloroso, che segna anche le Comunità ebraiche. Quella di Milano, tradizionalmente aperta e dialogante, negli ultimi anni ha espresso vertici che parteggiano per la destra. L’attuale presidente, Walker Meghnagi, non fa mistero di essere amico personale di Ignazio La Russa, uno dei fondatori di Fratelli d’Italia, che si vanta di tenere in casa i busti di Benito Mussolini.
In un’intervista al Corriere, Meghnagi ha ridotto il fascismo e l’antisemitismo sotterraneo che continuano a scorrere nelle vene della destra italiana a poco più che folklore, non un tratto politico radicato nell’album di famiglia di chi proviene dal Msi o dai gruppi neofascisti.
Ciò che l’inchiesta di Fanpage ha mostrato è ridotto a fenomeno giovanile, a semplice “ignoranza”, che si potrebbe sanare con la visione di qualche buon film: “Come ha detto Gianfranco Fini qualche giorno fa, a questi ragazzi bisognerebbe far vedere almeno tre volte Schindler’s list e bisogna educarli, perché sono ignoranti”, ha detto Meghnagi, “questi giovani vanno educati”.
Fascismo e antisemitismo ridotti a intemperanza giovanile, di fatto azzerata dal saldo sostegno a Israele e al governo Netanyahu di Giorgia Meloni e dei vertici del suo partito. Meghnagi si mostra preoccupato – a ragione – per l’antisemitismo che vede in Italia, ma dice di sentirsi “in mani sicure”, di “sentirsi protetto” da Fratelli d’Italia: “Direi di sì, sia per quanto ha fatto in passato, sia per quanto sta facendo ora. Ma non ci sentiamo in mani sicure solo con loro: anche con Tajani, Salvini o Calenda”.
Gli ha risposto, sempre sulle pagine del Corriere, Emanuele Fiano, che è stato presidente della Comunità ebraica di Milano dal 1998 al 2001, ex deputato Pd e oggi anima del gruppo Sinistra per Israele. “Trovo pericolosa l’intervista di Meghnagi. Spacca la Comunità. Noi ebrei italiani siamo liberi perché antifascisti. E chi parla per conto nostro non può prescindere da questo prerequisito fondamentale”.
Continua Fiano: “La mia famiglia, che sia da parte di madre che di padre è ebraica, è stata perseguitata e deportata nei campi di sterminio per mano dei fascisti. Quindi per me, e per milioni di ebrei, l’antifascismo è nel nostro dna, non dobbiamo accettare sconti su quel termine”. “Vorrei chiedere a Meghnagi come si fa a sentirsi ‘protetti’ da chi tiene a casa un busto del Duce, la persona che ha materialmente mandato a morire tanti ebrei italiani”.
E Matteo Salvini? “In due diverse campagne elettorali ha chiesto l’abolizione della legge Mancino, che condanna la discriminazione razziale, etnica e religiosa. Di più: Salvini ha candidato in Europa un signore che inneggia alla X Mas, che è un gruppo di torturatori fascisti”.
A Meghnagi, Fiano chiede “che corregga drasticamente le sue opinioni. Non mi sono sentito per niente rappresentato da lui. E siccome per noi che siamo stati suoi predecessori non è mai stato così, chiedo che si scusi e corregga quanto detto. Trovo inaccettabile che il presidente della Comunità ebraica prenda le parti di un partito”.