Alessandro Proto, il Totò di Milano che vende ai giornali la Fontana di Trevi
Finalmente un’operazione, tra le tante annunciate e non realizzate, in cui ha messo davvero le mani. Peccato che sia una brutta faccenda di intermediazioni (anche) con Montepaschi, che gli è già costata un’indagine per riciclaggio in Svizzera. Alessandro Proto, trentottenne milanese che esibisce studi in Bocconi e sedi a Milano, Lugano, Londra e New York, secondo i magistrati elvetici aveva strani conti, alimentati “mediante bonifici di terzi, con la specifica ‘acquisto azioni Mps’”.
Da mesi Proto spunta in ogni operazione finanziaria. Dice di aver rastrellato il 2,8 per cento di Rcs-Corriere della sera. Dice di aver fatto un’incursione in Unicredit. Dice di avere acquisito azioni Fiat, Tod’s, L’Espresso, Mediaset. Dice di aver provato a comprare il quotidiano Il Tempo e di aver messo sul piatto 150 milioni di euro per acquistare La7. Si era presentato come il cavaliere bianco pronto a risolvere i problemi della Fonsai di Salvatore Ligresti. Ha detto di aver ricevuto da Silvio Berlusconi il mandato a vendere una villa a Cannes. E nel suo sito sciorina foto di ville da sogno e immobili di lusso che sarebbero nel suo portafoglio.
Sempre pronto a salire sull’onda mediatico-giudiziaria del momento, in passato ha fatto trapelare di essere in gara per comprare il San Raffaele. E ora sostiene di essere interessato a una quota di Montepaschi, tanto da aver proposto alla Fondazione di Siena un piano per diluire il suo controllo sulla banca. Abituato a stupire con effetti speciali e sempre alla ricerca di stratagemmi per far parlare di sé, ha annunciato anche di voler comprare il quotidiano Pubblico di Luca Telese e perfino una fettina del Fatto quotidiano, quella messa in vendita dall’azionista-editore Francesco Aliberti. Per ampliare l’effetto mediatico, nel dicembre scorso ha provato anche a candidarsi alle primarie del Pdl, poi tramontate.
La parlantina non gli manca. Ha fatto il venditore di enciclopedie Garzanti e sa come convincere il cliente. Peccato che i soldi per fare tutte le mirabolanti operazioni annunciate non li ha mai fatti vedere. Dice: “Non sono soldi miei. Io gestisco il denaro di importanti investitori italiani e stranieri”. Ma anche qui, mai un nome. Fantasmi. Per l’operazione Rcs, nell’ottobre scorso ha detto di aver riunito quattro finanzieri esteri che gli avrebbero affidato 30 milioni di euro.
Chi sono, non l’ha mai comunicato, eppure per entrare in società quotate in Borsa la trasparenza non è un optional. Di solito annuncia di restare sotto il 2 per cento, proprio per non essere obbligato alle comunicazioni Consob. Si è comunque attirato una lunga serie di esposti e denunce, tra cui quelli di Consob e di Mediobanca.
La procura di Milano sta indagando da tempo per una sfilza di reati che fanno sembrare Proto, più che un finanziere rampante di Wall Street, un Totò che vuol vendere il Colosseo. Lui si presenta così: “Vendo la mia persona ad altre persone che cercano buoni investimenti. Vuoi costituire società all’estero? Vuoi aprire un trust? Vuoi investire in società quotate, in imprese, in immobili? Noi siamo qua”.
La mirabolante Proto Organization, la Proto Consulting e i suoi uffici all’estero restano un castello di carte. L’unica cosa certa sono le ipotesi d’accusa su cui sta indagando il pm milanese Isidoro Palma: truffa, aggiotaggio, bancarotta. Le indagini stanno cercando di verificare non soltanto le sue comunicazioni al mercato, ma anche l’unico business vero che Proto sta facendo: il fondo Caronte, lanciato nel 2010. Il nome non è proprio scaramantico, ma evoca bene la realtà. È un fondo “salvaziende”, va predicando Proto, capace di far arrivare soldi freschi e sonanti nelle casse di imprenditori in difficoltà.
Quelli che ci sono cascati non solo non hanno visto il becco di un quattrino, ma hanno dovuto loro sborsare soldi, incamerati e fatti sparire da Proto. “Spese per avviare le pratiche dei finanziamenti”, dice il Totò della Bocconi. Alcuni gli hanno consegnato poche migliaia di euro, 5 mila, 7 mila, altri si sono svenati consegnandogli anche 2 o 3 cento mila euro. Quattro imprenditori che si sono sentiti truffati hanno presentato denuncia alla procura di Milano, ma ce ne sono altre decine che stanno decidendo se credergli ancora, sperando di essere salvati dalle sue fantastiche promesse.
Lui però esibisce una corposa rassegna stampa, con articoli tratti dai più grandi quotidiani italiani, che lo consacrano finanziere forse discutibile, ma alle prese con i più grandi affari italiani. Come non credergli? Proto fa circolare la voce di avere tanti soldi e di essere pronto con questi a comprare di tutto. In realtà, non paga neppure la pubblicità dei suoi prodotti finanziari. I soldi, lui, non li dà. Li prende.
La reazione. Ecco la lettera che Alessandro Proto ha inviato a Dagospia dopo l’articolo scritto il 10 febbraio 2013 da Gianni Barbacetto sul Fatto quotidiano:
Caro Barbacetto dei miei coglioni,
l’articolo che ha scritto oggi è totalmente privo di ogni fondamenta su tutta la linea. Procederò per vie legali contro Lei e il Suo giornale. Ho fatto una offerta migliorativa a Aliberti di 6 milioni. Lei sa che Aliberti è in difficoltà e me la compro quella partecipazione e sa che ce ne sono altre in vendita. Mi dia qualche settimana e mi compro il giornale e la metto a pulire i cessi. Lei è la vergogna dei giornalisti. Scrive falsità solo per distruggere le persone. Con me non ci riuscirà frustrato di merda.
Con stima, Alessandro Proto
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