Prescritto. Ma non “innocuo”, né “di conseguenza privo di rilevanza penale”. È il falso contestato al sindaco Giuseppe Sala, che è stato processato per aver firmato due atti retrodatati, dunque falsi, per sostituire due commissari di gara per il più importate e ricco degli appalti di Expo, quello sulla “piastra dei servizi”, la base su cui sono stati impiantati tutti i padiglioni di Expo Milano 2015.
La Corte d’appello di Milano lo ha prosciolto il 21 ottobre 2020, ma ora sono arrivate le motivazioni della sentenza, che spiegano come i giudici abbiamo rigettato la richiesta d’assoluzione avanzata dai difensori di Sala, dichiarando estinto il reato soltanto per sopraggiunta prescrizione. Crollano così gli argomenti della difesa, che si trattasse di un “falso innocuo”, “privo di rilevanza penale”, o addirittura meritorio, come le bugie a fin di bene dette ai bambini.
Niente di tutto ciò: i cittadini non sono bambini, il falso in atti pubblici è un reato. Se Sala l’ha fatta franca, è solo perché è arrivata, nelle migliori tradizioni della politica italiana, la prescrizione.
La sentenza
Ecco le pagine (28-31) delle motivazioni, depositate il 14 gennaio 2021, della sentenza d’appello del 21 ottobre 2020 sul falso contestato a Sala. Stabilisce che Sala era consapevole del falso che stava firmando (dunque ha mentito in aula e ai cittadini dichiarandosi inconsapevole); e che “il falso in oggetto non può neppure essere ritenuto innocuo e di conseguenza privo di rilevanza penale”.