Claudio Descalzi, numero uno dell’Eni. Personaggio dell’anno
Il numero uno della più importante azienda italiana, Claudio Descalzi, non si è rassegnato all’uscita di scena e spera ancora nella riconferma, quando a primavera il governo dovrà scegliere l’amministratore delegato dell’Eni. Vanta buoni risultati industriali e una “rivoluzione” che, a suon d’investimenti pubblicitari, cerca di ammantare di verde il più nero dei business, quello del petrolio e degli idrocarburi. È il protagonista del processo dell’anno (ma quasi sconosciuto alla stampa italiana, così sensibile agli investimenti pubblicitari), per una super tangente da oltre 1 miliardo di dollari che sarebbe stata pagata nel 2010 per ottenere il più ricco giacimento petrolifero della Nigeria. È lambito dall’inchiesta sul rinnovo delle licenze d’esplorazione di alcuni giacimenti in Congo.
È anche sotto osservazione per il cosiddetto “complotto” architettato per tentare di bloccare le indagini su Eni della Procura di Milano. Basterebbe, in un Paese normale, a far calare il sipario su un manager pubblico? C’è un ulteriore problema, che – al di là delle implicazioni penali – in un Paese normale risolverebbe la questione: la moglie di Descalzi, Maria Magdalena Ingoba (indagata per corruzione internazionale per gli affari Eni in Congo), ha per anni controllato le società Petro Services che hanno fornito a Eni servizi (affitto di navi e sostegno logistico) pagati dalla compagnia del marito circa 300 milioni di dollari. Affari in famiglia, un conflitto d’interessi che in nessun Paese normale apparirebbe normale.
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