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Milano, il grande affare degli Scali Fs. Piovono i ricorsi

Milano, il grande affare degli Scali Fs. Piovono i ricorsi

È il grande affare urbanistico di Milano (insieme a quello delle aree Expo, delle quali ieri 28 novembre 2017 è stato presentato il masterplan): sette scali ferroviari, per un totale di 1 milione e 250 mila metri quadrati, saranno abbandonati dai binari e diventeranno pezzi di città: verde, ma anche abitazioni, spazi commerciali, terziario, servizi. La più grande riconversione urbana d’Europa, un’occasione unica per riqualificare pezzi di città in quartieri semiperiferici (Lambrate, Rogoredo, Greco-Breda, San Cristoforo) e in zone centrali (Farini, Romana, Porta Genova).

Il Consiglio comunale di Milano, negli ultimi mesi di Giuliano Pisapia sindaco, aveva bloccato l’approvazione dell’Accordo di programma presentato dalla Giunta Pisapia. Arrivato Giuseppe Sala, è rapidamente arrivata anche l’approvazione e ora dovrà partire la progettazione. Intanto però sono partiti i primi ricorsi: al Tribunale amministrativo regionale, all’Autorità anticorruzione, alla Corte dei conti, perfino al Presidente della Repubblica.

La maggiore delle contestazioni riguarda il ruolo delle Fs di Renato Mazzoncini, proprietarie delle aree. I ricorrenti (cittadini, architetti, imprenditori, associazioni come Italia nostra) ricordano che gli immensi terreni degli scali ferroviari furono dati in concessione alle Ferrovie dello Stato, ente pubblico, perché potessero offrire ai cittadini il servizio del trasporto. Poi le Fs sono diventate una società di diritto privato, la concessione è diventata proprietà e ora Mazzoncini si comporta come un immobiliarista privato: vuole valorizzare le “sue” aree ferroviarie trasformandole in edifici e portando a casa almeno 500 milioni di euro.

“È un esproprio al contrario”, commenta l’architetto Emilio Battisti, “terreni pubblici conferiti per il trasporto pubblico sono confiscati ai cittadini per farli diventare privati e metterli sul mercato”. Aggiunge l’architetto Sergio Brenna: “Il sindaco Sala lascia che sia una società privata, la Sistemi Urbani delle Fs, a decidere la grande trasformazione di Milano, che dovrebbe invece essere guidata dalla pubblica amministrazione nell’interesse dei cittadini”.

Un primo segnale di come funzionerà il business ce lo racconta la vendita di una piccola parte dello Scalo Farini fatto da Fs (attraverso Invimit Sgr, la società di gestione del risparmio del ministero dell’Economia). Nel gennaio 2016, Invimit ha venduto 60 mila metri quadrati dello Scalo Farini a Savills Investment Management Sgr, una società di gestione del Fondo d’investimento immobiliare Olimpia con sede a Londra. Nell’ottobre 2017, per quell’area, il fondo sovrano di Abu Dhabi ha offerto alla Savills 70 milioni di euro. Segno che Milano è considerata un buon investimento, certo. Ma anche segno che il Comune di Milano sta svendendo la città.

L’economista Roberto Camagni ha valutato infatti che il valore di tutte le aree dei sette scali Fs, su cui sarà possibile edificare per 675 mila metri quadrati di superficie lorda di pavimento, sia di 1 miliardo di euro. Quanto entrerà nelle casse del Comune? Non 500 milioni, ma solo 50 milioni. “Una grande occasione perduta”, commenta l’avvocato Maria Agostina Cabiddu, la professionista che segue i ricorsi. Uno di questi sarà proposto anche alla Corte dei conti, per danno erariale.

Secondo l’avvocato Cabiddu, l’Accordo di programma con Fs non è valido perché è uno strumento che può essere utilizzato soltanto tra pubbliche amministrazioni. Invece il Comune di Milano l’ha stretto, oltre che con Regione Lombardia (ma non con Città metropolitana, che è stata dimenticata), anche con Ferrovie dello Stato spa, Rete Ferroviaria Italiana spa, Fs Sistemi Urbani srl e Savills Sgr spa che sono società private. Queste possono aderire, ma non partecipare.

Lo strumento dell’Accordo di programma, inoltre, può essere utilizzato – secondo i ricorsi – solo per la realizzazione di interventi e opere. In questo caso, invece, sono state sommate aree distanti e disparate, creando una sorta di Pgt alternativo, un Piano di governo del territorio per oltre 1 milione di metri quadri di Milano, di cui le Fs diventano il dominus. Si crea un monopolio di fatto, con Fs che diventano le padrone dei diritti edificatori della città.

Il Fatto quotidiano, 29 novembre 2017
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