Lombardia: addio al medico di famiglia, arriva il manager “gestore”
Davvero la Regione può soddisfare meglio dello Stato i bisogni dei cittadini? Lo sostengono Roberto Maroni e Luca Zaia, presidenti di Lombardia e Veneto, che chiedono al governo più autonomia e più risorse dopo il referendum del 22 ottobre. Ma c’è una materia in cui l’autonomia e i soldi li hanno già: la sanità. E come se la cavano? Benissimo, risponde Maroni, che in perfetta continuità con il suo predecessore Roberto Formigoni non perde occasione di elogiare l’eccellenza del “modello lombardo”. Ma ha appena varato una nuova riforma che, a detta dei critici, “è un grosso regalo ai privati” e potrebbe trasformarsi addirittura “nella morte della sanità pubblica”. Allarmi infondati? Vediamo.
È la riforma dell’assistenza ai malati cronici, che in Lombardia sono 3,35 milioni di persone, 430 mila solo a Milano, catalogati in 65 patologie individuate dalla Regione. “Saranno affidati a un gestore che si prenderà cura di loro, stilerà un Piano di assistenza individuale (Pai) e fisserà visite, esami e interventi senza bisogno di prenotare e di ricordarsi le date”, spiega soddisfatto l’assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera, promotore della riforma. I malati cronici, in maggioranza anziani, non dovranno più impazzire con le ricette chieste al medico di famiglia, le snervanti telefonate ai centralini regionali per fissare le visite, le code agli sportelli, le liste di attesa.
Tutto bene, dunque? Il nodo è la figura del gestore, oggi imposto ai malati cronici e che domani potrebbe essere esteso ai tutti i cittadini, con una perdita di centralità del medico di famiglia. Chi sarà il gestore, o tutor? “Un’entità – una società, una cooperativa, un ospedale, alcuni medici associati tra loro – che farà firmare un contratto al paziente e poi lo gestirà con criteri privatistici: avrà, per esempio, un budget prefissato, oltre il quale non potrà andare”, spiega Basilio Rizzo, consigliere della sinistra al Comune di Milano, che ha dichiarato guerra alla “delibera Gallera” ora è in attuazione, dopo essere stata approvata nel maggio 2017 dalla Giunta Maroni senza neppure una discussione in Consiglio regionale.
“È la fine del medico di famiglia”, protesta Vittorio Agnoletto, medico e docente all’Università di Milano, “che sarà espropriato dal gestore, e se vorrà essere lui il gestore dovrà associarsi con altri medici e diventare un manager”. La Regione stabilirà per le 65 malattie individuate le cure e gli esami che potranno essere forniti, un budget da spendere e un corrispettivo economico da attribuire al gestore. “Se questi riuscirà a spendere meno, potrà tenersi una quota dell’avanzo”, spiega Agnoletto. E il gestore potrà essere anche un ente o una società privata che potrà “curare” fino a 200 pazienti: “È la fine della personalizzazione del percorso terapeutico”, aggiunge Albarosa Raimondi, medico ed ex amministratore sanitario pubblico, “il paziente diventerà un numero e una fonte da cui spremere guadagno”.
Alla riforma Gallera è contraria non solo la sinistra, che la vede come un ulteriore passo verso la privatizzazione completa della sanità, sul modello britannico. Anche i medici di base sono insorti. L’Unione medici italiani ha fatto ricorso al Tar contro la delibera e gli Ordini dei medici di Milano e della Lombardia l’hanno sonoramente bocciata: hanno detto sì alla riforma soltanto 218 degli 884 medici di Milano (il 24 per cento), solo 598 dei 1.882 medici dell’area metropolitana (il 32 per cento) e non più del 40 per cento dei medici lombardi. Qualcuno di loro ha già affisso un cartello che dice: “Attento paziente. A breve riceverai una lettera della Regione Lombardia che ti invita ad affidare la tua salute a un gestore”.
Segue l’elenco dei rischi possibili: nessuna possibilità di cambiare le date di visite ed esami scelti dal gestore, cure ridotte per stare dentro il budget prefissato, firma di un contratto vincolante con il gestore che limiterà le prestazioni sanitarie. Conclusione: “Se non vuoi perdere la libertà di farti curare secondo scienza e coscienza dal tuo medico di famiglia che ben conosce tutti i tuoi problemi di salute, non farti incantare e cestina la lettera che riceverai”.
L’assessore Gallera ha reagito ipotizzando sanzioni: “Sono comportamenti contrari al giuramento di Ippocrate, perché così i medici riducono la qualità del servizio offerto ai pazienti”, tuona l’assessore, che ha minacciato addirittura la sospensione della loro convenzione con il sistema sanitario pubblico. “Una intimidazione inaccettabile”, risponde Agnoletto. Certo che se, dopo i medici, anche i pazienti bocciassero la delibera Gallera cestinando in massa la lettera che arriverà, allora la riforma potrebbe davvero saltare.