SISTEMA MILANO

Dopo la notte di San Siro. Che cosa resta della sinistra a Milano

Dopo la notte di San Siro. Che cosa resta della sinistra a Milano

Che cosa resta della sinistra a Milano, dopo la notte della vergogna? Alle 3.44 del 30 settembre il Consiglio comunale ha votato (con il soccorso determinante di Forza Italia e di Letizia Moratti) la delibera che dà il via libera alla gigantesca speculazione immobiliare da 1,3 miliardi che abbatterà il Meazza e costruirà grattacieli, uffici, hotel, il centro commerciale urbano più grande d’Italia. E – sì, dimenticavo – anche un nuovo stadio: il pretesto per realizzare una gigantesca operazione finanziaria a esclusivo vantaggio dei due fondi anonimi Usa che controllano (per ora) Milan e Inter.

Questo voto del Consiglio, sommato con quello a favore della Salva-Milano del 10 febbraio 2025, chiude per sempre il sindaco Sala, il Pd ambrosiano e i suoi alleati renziani e calendiani nel bozzolo dorato del Sistema Milano, ovvero dell’amministrazione pubblica messa al servizio degli operatori privati. Nessun segno di autocritica, nessun tentativo di correggere il percorso che ha consegnato la città ai fondi immobiliari e finanziari.

Ora vedremo se i verdi, i (pochi) dissidenti interni al Pd e i (tanti) elettori del Pd scontenti, i comitati cittadini, le sinistre che non vogliono inciuci con Forza Italia, i Cinquestelle, gli ambientalisti – insomma: la Milano che non ne può più di Sala – sapranno unirsi per costruire una proposta che dia voce ai milanesi che vogliono un’altra Milano e che sono rimasti senza rappresentanza dentro Palazzo Marino. Con la notte della vergogna si chiude un ciclo.

Per raccontarla ci vorrebbe un entomologo che sapesse descrivere i piccoli segni, i comportamenti, le espressioni di chi ha prodotto questo triste crepuscolo in cui la politica si consegna agli interessi privati. O forse ci vorrebbe uno psicoanalista per decifrare i décalage, gli atti mancati, gli impicci linguistici con cui tanti consiglieri hanno tentato di giustificare, a se stessi prima che agli altri, un voto innaturale.

Facevano pena, a tratti, schiacciati dallo smarrimento, dall’arroganza, dalla fatica, dal sonno. Eccoli ripetere le eterne bugie (“Altrimenti le squadre vanno a costruire altrove”). Sfoderare con esibita baldanza i falsi argomenti (“Siamo per il futuro, contro la nostalgia”). Ripetere con scarsa competenza gli equivoci già smentiti (“Il Meazza non ha gli standard per le gare internazionali”).

“Andare altrove” è stato un bluff per pokeristi gonzi: le squadre non hanno i soldi per farselo loro, uno stadio nuovo, se la città non regala i diritti edificatori con cui si ripagano l’operazione. Il Meazza non va salvato in nome della “nostalgia del passato”, ma del futuro che può avere con una ristrutturazione come quella che ha fatto rivivere il Camp Nou di Barcellona o il Bernabeu di Madrid.

L’impianto è “ammalorato” solo perché i club negli ultimi cinque anni hanno smesso di fare i lavori di “manutenzione e innovazione” (per 24,7 milioni) a cui sarebbero obbligati per contatto. Eppure è ormai chiaro a tutti che in discussione non è uno stadio, ma un’operazione immobiliare.

Dopo aver convinto se stessi che non si può fare diversamente, che questo amaro calice va comunque bevuto, le consigliere e i consiglieri sono passati alle piccole compensazioni, alle consolazioni da fine pasto, al dessert degli emendamenti che non obbligano nessuno e che comunque sarebbero stati abbattuti dal “canguro”. Chi chiedeva “una spruzzatina di sociale”, “soldi per case e piscine”, qualche briciola per il quartiere, più attenzione ai portatori di handicap, più impegno per lo sport femminile, citati nella notte (giuro) anche i diritti degli omosessuali e dei trans.

Poi il voto: fine delle chiacchiere. E via ai brindisi in Usa, Delaware, Cayman, Olanda, Lussemburgo, Isole del Canale, California, Canada, dove stanno le catene di comando dei fondi che hanno fatto il colpo. Chissà che cosa penseranno, le consigliere e i consiglieri della notte della vergogna, quando si rivedranno su youtube, tra qualche tempo, quando saranno spazzati via dalla loro irrilevanza.

Il Fatto quotidiano, 3 ottobre 2025
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