Il “concerto” di Caltagirone, le indagini della Procura, gli interventi del governo Meloni

Ci sono eccome, le indagini sul possibile “concerto” tra il gruppo Caltagirone, Delfin (la finanziaria della famiglia Del Vecchio) e Banca Akros (gruppo Bpm), per arrivare al controllo di Generali, la più grande compagnia assicurativa italiana, e di Mediobanca, che di Generali è il primo azionista.
Tutti smentivano: Mediobanca (“non è stato presentato alcun esposto alla Procura di Milano avente ad oggetto il concerto relativo a operazioni di mercato in essere”), Unicredit (“Nessun esposto in relazione a Delfin e Caltagirone”), la Procura (“Nessun atto d’indagine in corso”). Ma ora è emerso che la Guardia di finanza ha già eseguito le prime perquisizioni presso Akros e il velo sulle indagini è caduto.
Ci sono eccome, gli esposti di Mediobanca e di Unicredit sul “concerto”, come esistono altri esposti gemelli, inviati alla Consob (l’Autorità di Borsa) e alla Bce. Il primo esposto, quello di Mediobanca, è travestito da denuncia per diffamazione in relazione a un articolo di Osvaldo De Paolini sul Giornale. Ma presentato, guarda caso, non ai pm che si occupano di diffamazione, bensì al procuratore aggiunto che si occupa di reati finanziari, Roberto Pellicano.
Quello di Unicredit è stato invece presentato alla Consob, ma è poi arrivato anche in Procura: è centrato sul tentativo di Unicredit di comprare azioni Montepaschi, respinto da Banca Akros. Il risultato di entrambi è stato quello di far aprire indagini sul “concerto” senza coinvolgere direttamente i vertici di Mediobanca (Alberto Nagel) e di Unicredit (Andrea Orcel).
Interessante soprattutto l’esposto targato Mediobanca. È un documento dettagliato che allinea fatti e operazioni finanziarie dal 2019 a oggi, ipotizzando che Caltagirone, Delfin, Banca popolare di Milano (Bpm), con le sue controllate Banca Akros e Anima, abbiano agito di “concerto”, con acquisti di azioni molteplici, simultanei e concordati, e altre attività finanziarie, con il risultato di manipolare il mercato, senza informare le autorità di vigilanza.
Tra i fatti allineati, ci sono alcune operazioni del ministero delle Finanze che suggeriscono un intervento attivo nella vicenda da parte del governo di Giorgia Meloni. La ricostruzione parte dai ripetuti tentativi di Caltagirone-Delfin, dal 2023 al 2025, di conquistare la maggioranza nei cda di Generali e Mediobanca. Senza risultati di rilievo: i due istituti restano sotto la guida di Philippe Donnet (Generali) e Alberto Nagel (Mediobanca).
Delfin tenta nel 2022 di salire oltre il 20% in Mediobanca, ma è fermata dalla Bce perché le norme europee impediscono a un soggetto non finanziario di controllare una banca. Ecco allora che Caltagirone e Delfin cambiano strategia e si attrezzano per conquistare un istituto di credito. Puntano su Montepaschi (Mps), attraverso un’alleanza non dichiarata con Bpm, e sotto lo sguardo benevolo del governo Meloni.
Per non violare le regole europee sugli aiuti di Stato, il Tesoro doveva vendere una quota consistente di Mps, per riprivatizzare una banca che nel 2017 aveva salvato dal crac. Scatta allora un’operazione finanziaria chiamata Abb (Accelerated Bookbuild), una procedura per vendere rapidamente grossi quantitativi di azioni. Di norma, operazioni di questo tipo sono realizzate da grossi istituti finanziari che si dividono i rischi e fanno da bookrunner: rilevano a sconto (a un prezzo leggermente inferiore a quello di mercato) i pacchetti di azioni e poi li collocano sul mercato.
È quello che succede nella prima fase (gennaio 2024) e nella seconda (marzo 2024) della Abb. Nella terza però (novembre 2024) lo scenario cambia – segnala l’esposto di Mediobanca: il governo incarica un solo operatore bookrunner, la piccola Banca Akros, che si accolla da sola un rischio da oltre 1 miliardo per il 15% di Mps.
Compra oltretutto non a sconto, ma riconoscendo al venditore un piccolo premio (5%), accettato rapidissimamente (in soli nove minuti) con offerte fotocopia da quattro soggetti: Caltagirone, Delfin, Bpm e Anima. Una vendita in famiglia, visto che sia Akros sia Anima sono controllate da Bpm. A questo punto, Montepaschi diventa lo strumento di Caltagirone-Delfin per assaltare Mediobanca, con il lancio (24 gennaio 2025) di un’offerta pubblica di scambio (ops). Anche Unicredit tenta di comprare da Akros un 10% di azioni Montepaschi, ma non ottiene risposta: per reazione, lancia una ops su Bpm, contrastata dal governo.
Per capire davvero questa vicenda è necessario considerare gli interventi del governo, che un professionista vicino a Mediobanca definisce “il terzo concertista” accanto a Caltagirone e Delfin. Interviene nel 2024 con la “legge capitali”, che permette a Caltagirone e Delfin di aumentare i loro rappresentanti dentro i cda di Mediobanca e Generali. Poi – cruciale secondo l’esposto – è l’operazione Abb che permette a Caltagirone-Delfin-Bpm di acquisire il controllo di Montepaschi e quindi partire all’assalto di Mediobanca.
Alla partita partecipano, schierandosi con Caltagirone-Delfin, anche le casse di previdenza (Enasarco, Enpam, Cassa forense) ai cui vertici sono insediati uomini vicini al governo Meloni. Il prossimo appuntamento: lunedì 16 giugno, quando l’assemblea di Mediobanca dovrà votare la contromossa di Nagel, la ops lanciata il 28 aprile su Banca Generali per sfuggire all’assalto di Mps. (Il Fatto quotidiano, 14 giugno 2025)
Vigilia d’attesa
per l’assemblea Mediobanca
del 16 giugno
Come alla vigilia di una finale di Champions, il mondo finanziario e politico ha tutti gli occhi puntati sull’assemblea di Mediobanca di lunedì 16 giugno, che dovrà approvare o respingere l’operazione proposta dal ceo Alberto Nagel, lo scambio tra il 50,02% di Banca Generali con il 6,5% di azioni Generali che Mediobanca ha in portafoglio.
È la risposta di Nagel all’assalto a piazzetta Cuccia lanciato da Montepaschi, con alle spalle come registi il gruppo Caltagirone e Delfin (la holding della famiglia Del Vecchio). Incerto l’esito della partita, in un’assemblea a cui parteciperà più dell’80% del capitale, con la necessità dunque di conquistare più del 40% dei voti.
Il clima è infuocato per le accuse di “concerto” rivolte dagli attuali vertici di Mediobanca e di Generali a Caltagirone-Delfin-Bpm, che sotto lo sguardo benevolo del governo Meloni sostengono invece l’offerta pubblica di scambio lanciata da Montepaschi con l’obiettivo di conquistare Mediobanca per poi controllare anche Generali.
Con Nagel sono schierati gli investitori istituzionali. Potrebbero invece votare no o astenersi, schierandosi con Caltagirone, Unicredit (1,9%), che pure aveva segnalato a Consob, come anche Mediobanca e Generali, il possibile “concerto” di Caltagirone-Delfin, su cui sta indagando la Procura di Milano. Secondo le norme europee, per configurare un “concerto” sarebbero sufficienti comportamenti paralleli e coincidenti ripetuti nel tempo, come acquisti di azioni, voti nelle assemblee e nei cda, anche senza la scoperta di un patto occulto formale.
Con il fronte Caltagirone (9,9%) e Delfin (19,8%) sono schierati JpMorgan e Jefferies (2%), come pure le casse previdenziali Enpam, Enasarco e Cassa forense, che con gli acquisti di azioni Mediobanca delle ultime settimane, al massimo dei prezzi, hanno circa tra il 5 e il 6%. Ancora sconosciuta l’intenzione di voto del gruppo Benetton (2,2%). (Il Fatto quotidiano, 15 giugno 2024)
Domenica 15 giugno, una nota di Mediobanca ha comunicato che l’assemblea è spostata al 25 settembre.