GIUSTIZIA

Gianni De Gennaro e il caso Prestipino

Gianni De Gennaro e il caso Prestipino Gianni De Gennaro in una foto d'archivio. ANSA / MAURIZIO BRAMBATTI

Ha attraversato le stagioni più drammatiche della Prima e della Seconda Repubblica, Gianni De Gennaro, cambiando più volte pelle e sopravvivendo a ogni fuoco. Ora, nella sua quarta vita, quella da manager di Stato, è stato beccato a parlare di notizie riservate sul Ponte con il procuratore aggiunto antimafia Michele Prestipino. E De Gennaro dell’affare del Ponte è uno dei registi, da presidente di Eurolink.

La prima vita di De Gennaro è quella da poliziotto, in cui si è guadagnato un appellativo ruvido ma che non gli dispiaceva: “lo Sbirro”. Si era arruolato in polizia nel 1973, commissario ad Alessandria, poi funzionario alla narcotici di Roma. Nel 1980 è già vicequestore aggiunto, promosso per meriti speciali: per aver risolto con un’irruzione solitaria e un conflitto a fuoco il sequestro di trenta persone dentro l’ambasciata del Belgio nella capitale.

Diventa dirigente della Criminalpol del Lazio e del Nucleo centrale anticrimine. Collabora con Giovanni Falcone in indagini antimafia in Italia e all’estero. È lui a riportare in patria dal Brasile Tommaso Buscetta, il boss che per primo svela la struttura di Cosa nostra. Dal 1989 è il direttore dello Sco, il Servizio centrale operativo che funziona come una super-polizia criminale. L’anno dopo viene di nuovo promosso, dirigente superiore, per meriti straordinari nella lotta antimafia.

Dopo il 1992 è vicedirettore e poi direttore della Dia, la Direzione investigativa antimafia voluta da Falcone per unire poliziotti, carabinieri e finanzieri nella lotta antimafia. Sono gli anni delle stragi, delle trattative di Stato, delle prime indagini su Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri e sui loro rapporti con gli “amici” di Palermo. De Gennaro pareva essere “lo Sbirro” giusto per scoprire intrecci inconfessabili. Ma inizia anche per lui la Seconda Repubblica.

Viene nominato prefetto e vicecapo della polizia. L’eco delle stragi mafiose si attutisce, la speranza di capirne il disegno e i beneficiari esterni a Cosa nostra si perde. De Gennaro è ormai capo della polizia e direttore generale della pubblica sicurezza, nominato nel 2000 dal governo Amato. È in questo suo ruolo che nel 2001 diventa protagonista della gestione dell’ordine e del disordine del G8 di Genova e della notte di macelleria messicana della scuola Diaz. La Corte europea dei diritti dell’uomo, quindici anni dopo, ha condannato l’Italia per non avere prevenuto e punito la tortura dei manifestanti da parte delle forze dell’ordine.

Ma De Gennaro ne esce pulito: accusato di aver fatto pressioni sul questore di Genova Francesco Colucci affinché dichiarasse il falso sulla notte buia della Diaz, è assolto in primo grado, condannato in appello, infine assolto in Cassazione per insufficienza di prove (condannato però Colucci per falsa testimonianza in favore di De Gennaro). Malgrado queste sentenze non proprio allineate tra loro, De Gennaro entra senza problemi nella sua terza vita.

Nel 2007 è capo di gabinetto del ministero dell’Interno guidato da Giuliano Amato. Dall’anno seguente è il coordinatore dei servizi segreti, come direttore del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. A lui si affida anche Silvio Berlusconi, che un tempo sembrava essere il suo obiettivo. Quando Silvio se ne va, anche il loden di Mario Monti lo indica come custode dei segreti della Repubblica, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio con delega alle informazioni per la sicurezza.

Dal 2013, quarta vita: il governo di Enrico Letta lo catapulta al vertice di Finmeccanica, azienda di Stato e di armamenti, che poi diventa Leonardo. Invano le opposizione qualificano come “vergognoso” assegnare quell’incarico al responsabile della gestione della forza al G8 di Genova, quello della macelleria messicana. Procede senza troppi intoppi alla guida di Leonardo fino al maggio 2020. Poi passa silenzioso a Eurolink e ai riti annosi del Ponte sullo Stretto. Fino alle chiacchierate al telefono con Prestipino.       

Il Fatto quotidiano, 30 aprile 2025
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