GIUSTIZIA

Verbali di Amara. Storari parla e accusa (e prende le distanze da Davigo)

Verbali di Amara. Storari parla e accusa (e prende le distanze da Davigo)

di Gianni Barbacetto e Antonio Massari /

I verbali d’interrogatorio di Paolo Storari, pm di Milano indagato a Brescia, con Piercamillo Davigo, per violazione del segreto istruttorio, ricostruiscono la sua versione dei fatti riguardo i verbali segreti di Piero Amara sulla “loggia Ungheria”. Storari nel 2020 consegna a Davigo alcune copie informali di quei verbali. Il motivo: in quelle carte “c’è l’inferno”, sostiene Storari davanti ai pm di Brescia il 21 maggio 2021, eppure la Procura di Milano non procede ad alcuna iscrizione nel registro degli indagati. Il pm si chiede: “Non è che dopo ci vado di mezzo io? Prendo la decisione di parlare con un consigliere Csm”.

E cioè Davigo. Quando? “Tra il 5 e il 20 aprile” sostiene Storari. Durante il “primo contatto”, Storari avrebbe chiesto a Davigo se poteva parlargliene: “Sì Paolo”, è la risposta di Davigo, “io sono un consigliere del Csm… a me il segreto non è opponibile”. Storari aggiunge che nei verbali vengono citati anche componenti del Csm e allora Davigo gli dice: “Vieni qua”. Interrogato di nuovo otto giorni dopo, i pm bresciani gli fanno notare che dai tabulati telefonici non risultano contatti tra lui e Davigo prima del 19 maggio 2020.

Storari replica: “Avrò parlato con Alessandra Dolci” (procuratore aggiunto a Milano, compagna di Davigo). Anche Davigo sostiene di aver ricevuto i verbali ad aprile anche se, sentito un anno prima come testimone per altre vicende a Perugia, aveva fatto risalire la sua conoscenza delle indagini sulla loggia Ungheria a marzo. Poiché l’8 marzo 2020 l’Italia si barrica in casa per il lockdown, si comprende perché la Procura di Brescia chieda ripetutamente a Storari se abbia consegnato i verbali già a febbraio. In questo caso il ritardo nelle iscrizioni si ridurrebbe a soli due mesi e sarebbe complicato definirlo ritardo.

Storari conferma che li consegnò ad aprile e sostiene di non aver parlato a Davigo di Sebastiano Ardita, consigliere del Csm della stessa corrente  di Davigo, citato da Amara come vicino alla loggia Ungheria: “Di Mancinetti (Marco, ex consigliere del Csm, ndr) gli parlo sicuro, Ardita non è stato mai oggetto di commento… perché per me era un signor nessuno”. E ancora: “Una cosa che ricordo di avergli detto è quella cosa su Zafarana (comandante generale della Guardia di finanza, citato da Amara come membro della loggia Ungheria, ndr)… io gli ho detto Piercamillo, sai Greco (Francesco, procuratore di Milano, ndr) cosa mi ha detto? Che non voleva balle su Zafarana perché doveva sistemare quell’altro” (il riferimento è a un ufficiale della Guardia di finanza).

Versione che non deve avere convinto la Procura di Brescia, visto che Greco è l’unico magistrato già archiviato in questa vicenda. Storari racconta di aver tenuto “un diario informatico” su Fabio De Pasquale, procuratore aggiunto a Milano, pm nel processo Eni-Nigeria: “In data 27 dicembre 2019, ‘meglio insabbiare il fascicolo Ungheria’… e questo me lo dice De Pasquale… Greco mi dice una cosa analoga”. De Pasquale, al quale l’episodio non è stato contestato, ha più volte negato di aver avuto interlocuzioni con Storari.

Questi lo accusa di non volere che Amara, i cui verbali erano confluiti nel processo Eni-Nigeria (i vertici Eni, assolti in primo grado, erano accusati di corruzione internazionale) fosse indebolito da un’accusa di calunnia. Eppure Amara, per calunnia, era già stato iscritto nel registro degli indagati. E proprio da Storari che, quando la Procura bresciana glielo fa notare, commenta: “Davvero? Non me lo ricordavo”.

I pm di Brescia gli dicono che la lettera anonima che accompagnava il secondo lotto di verbali mandati al Fatto (e poi consegnati alla Procura di Milano) conteneva espliciti riferimenti al Csm (e il nome del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi) e dunque faceva capire che i verbali allegati erano proprio quelli che Storari aveva consegnato a Davigo. Storari replica di non ricordare se era presente alla consegna di quei documenti (a cui invece era presente) e di non aver letto quella lettera anonima, dalla quale, comunque, “non si capisce che vengono dal Consiglio… Davigo non mi ha mai detto: ‘Io parlerò con Salvi’”.

In un interrogatorio precedente Storari aveva però sostenuto che, nel maggio 2020, Davigo gli aveva detto di aver parlato con Ermini e Salvi (del Csm). Il pm aggiunge che da allora non ha più sentito Davigo: ma i tabulati dimostrano che i due si sentono ancora a settembre, ottobre, novembre 2020 e marzo 2021.

Mesi delicati. A settembre 2020, sulla loggia Ungheria inizia il coordinamento investigativo tra le Procure di Milano e Perugia; tra ottobre e novembre il Fatto consegna in Procura i verbali ricevuti in forma anonima; nel marzo 2021 la Procura perugina scopre che a diffondere i verbali era stata Marcella Contrafatto, ex segretaria di Davigo (all’insaputa di quest’ultimo, risulta dalle indagini).

Sulla condotta di Davigo, Storari commenta: “Io consegno delle cose a uno… presidente di sezione della Corte di cassazione… presidente dell’Anm… chi è che ha più qualifiche di questo qua… nessuno… posso pensare che la sua segretaria… che lui lascia le robe lì… e che la sua segretaria… guardi che è una storia pazzesca, pazzesca, pazzesca… che lui vada a parlare con quello… per me è una cosa inconcepibile (…) Ma voi pensate veramente che io, a sei mesi di distanza, pensi che questo qui abbia i verbali di Davigo… ma è una cosa per me inconcepibile”.

Gianni Barbacetto e Antonio Massari, Il Fatto quotidiano, 20 ottobre 2021
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