GIUSTIZIA

Caso Storari. Gli otto indagati (mancati) della Loggia Ungheria

Caso Storari. Gli otto indagati (mancati) della Loggia Ungheria

di Gianni Barbacetto e Antonio Massari /

Il sostituto procuratore Paolo Storari chiese di iscrivere otto persone sul registro degli indagati, nella primavera 2020, dopo gli interrogatori dell’avvocato esterno dell’Eni Piero Amara, che tra dicembre 2019 e gennaio 2020 aveva raccontato a Storari e al procuratore aggiunto Laura Pedio l’esistenza di un presunto gruppo di pressione chiamato loggia Ungheria. Inizia così lo scontro che sta dividendo la Procura di Milano. Emerso molto tempo dopo, quando si è saputo che Storari aveva passato all’allora consigliere del Csm, Piercamillo Davigo, i verbali segretati di Amara sulla loggia Ungheria: a sua autotutela – sostiene – poiché era preoccupato per l’inerzia investigativa dei suoi capi, l’aggiunto Pedio e il procuratore Francesco Greco.

Ora, negli atti del Csm che ha respinto la richiesta di spostare Storari dalla Procura di Milano per incompatibilità ambientale, l’inerzia investigativa è diventata preoccupazione e differenza di vedute tra il pm e i suoi capi. Ma quali sono i fatti accaduti? Il 24 aprile Storari affida alla polizia giudiziaria la delega a identificare alcune persone citate nei verbali di Amara. Il 26 manda a Laura Pedio la richiesta di iscrivere otto persone, tra cui il consigliere del Csm Marco Mancinetti e il magistrato torinese Andrea Padalino. Il giorno seguente, la proposta arriva a Greco, che convoca per il 29 aprile una riunione per discutere la vicenda.

Il procuratore propone di individuare alcuni criteri per scegliere chi iscrivere, tra le oltre 70 persone (magistrati, funzionari dello Stato, imprenditori, avvocati, generali, monsignori vaticani) citate da Amara nei suoi verbali. Propone anche di iniziare iscrivendo tre persone che non erano comprese nelle otto segnalate da Storari, ma avevano ammesso il loro coinvolgimento: e cioè Amara e i suoi collaboratori Giuseppe Calafiore e Alessandro Ferraro; e magari anche Vincenzo Armanna.

Greco ha presente anche il problema della competenza territoriale, che sarebbe rimasta a Milano con l’iscrizione di Amara, Calafiore e Ferraro, già da tempo indagati a Milano per il cosiddetto complotto Eni; mentre avrebbe rischiato di passare a Roma o altrove, se le iscrizioni avessero riguardato fatti avvenuti a Roma o altrove. Il procuratore segnala che c’è pure il tema dell’inquadramento delle accuse: quella che Amara chiama loggia Ungheria è un insieme di gruppi di pressione o un gruppo stabile e organizzato? Esiste una lista degli iscritti? Amara promette di portarla in Procura ma poi rimpalla le responsabilità con Calafiore e la lista non compare. Ha una sede? Un capo? Dei rituali d’affiliazione? E il capo, se esiste, come è scelto?

Tutte queste domande sono essenziali per poter iscrivere gli indagati per violazione della legge Anselmi (varata dopo la scoperta delle liste P2) che vieta le organizzazioni segrete. Poiché sono ancora senza risposta, i magistrati decidono di porle al più presto ad Amara, per poi procedere alle iscrizioni. Nel frattempo però l’indagine non precipita nel vuoto, perché – secondo il “rito ambrosiano” che ha dato buoni risultati fin dalle inchieste di Mani pulite – tutti gli atti restano saldamente ancorati al fascicolo “contenitore” (in questo caso quello del complotto Eni trattato da Pedio e Storari), da cui è possibile fare uno stralcio non appena si concretizzi un filone abbastanza consistente da poter diventare autonomo.

Ma intanto Amara non poteva più venire a Milano per essere interrogato. Era entrato in carcere, a Rebibbia, già il 10 febbraio 2020, in esecuzione dei suoi patteggiamenti per altre indagini a Messina e a Roma. Esce di cella il 14 febbraio, ma poi dall’8 marzo 2020 l’Italia diventa zona rossa ed è praticamente impossibile spostarsi, sia per gli indagati, sia per i magistrati.

Intanto si compie l’atto che segna tutta questa storia: Storari ad aprile (ma non c’è certezza oggettiva sulla data) consegna a Davigo copie word e senza firma dei verbali segreti di Amara sulla loggia Ungheria. Questo prima che Greco rifiuti, nella riunione del 29 aprile, le otto iscrizioni proposte da Storari. E prima di ricevere la richiesta di fissare dei criteri oggettivi per scegliere chi iscrivere e di delineare i contorni del reato per cui iscrivere. Difficile anche scegliere a chi delegare le indagini di polizia giudiziaria: sul complotto Eni era già al lavoro la squadra della Guardia di finanza di Milano, a cui non viene però dato il mandato di indagare sulla loggia Ungheria: perché – secondo Amara – ne facevano parte anche due generali delle Fiamme gialle.

Il Fatto quotidiano, 6 agosto 2021
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