GIUSTIZIA

Il giallo di Storari che indaga sui verbali che ha fatto uscire dalla Procura

Il giallo di Storari che indaga sui verbali che ha fatto uscire dalla Procura

di Gianni Barbacetto e Antonio Massari /

Davanti al Csm, due giorni fa, il pm Paolo Storari ha eccepito l’incongruenza di uno dei tre capi d’incolpazione che gli vengono contestati: non essersi astenuto, nell’ottobre 2020, dall’indagine sulla fuga di notizie che riguardava i verbali di Piero Amara sulla presunta Loggia Ungheria. Una copia non firmata dei verbali in questione, in formato Word e all’interno di una pen drive, era stata affidata da Storari all’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo, secondo le ricostruzioni dei due magistrati, nella prima settimana di aprile 2020.

Il motivo: Storari – questa è la sua versione – riteneva che i suoi capi ritardassero le iscrizioni nel registro degli indagati e quindi, da contitolare del fascicolo insieme alla procuratrice aggiunta Laura Pedio, intendeva tutelarsi attraverso il Consiglio. L’inerzia sulle iscrizioni per la Loggia Ungheria, ribadita da Storari alla Procura di Brescia – dove è indagato con Davigo per rivelazione del segreto d’ufficio – ha determinato l’iscrizione nel registro degli indagati del procuratore di Milano, Francesco Greco, per omissione in atti d’ufficio. Fin qui il primo segmento di questa vicenda.

Il 30 ottobre si apre però una nuova fase. Il Fatto, avendo ricevuto 24 ore prima in un plico anonimo una copia dei verbali di Amara non firmati, e temendo si trattasse di una polpetta avvelenata o di un sabotaggio delle indagini, denuncia l’episodio e li deposita nelle mani di Storari e Pedio. Dal 30 ottobre, quindi, dovrebbe partire l’inchiesta sulla fuga di notizie per quei verbali. Greco e Pedio, in una serie di relazioni anch’esse inviate alla Procura di Brescia, contestano a Storari di non essersi astenuto dall’inchiesta sulla fuga di notizie e di aver nascosto di aver consegnato, mesi prima, una copia di quei verbali a Davigo.

È anche una delle tre contestazioni disciplinari per le quali la Procura generale della Cassazione chiede per Storari il trasferimento di sede e funzione. E veniamo all’incongruenza eccepita da Storari dinanzi al Csm: non c’era possibilità di astensione — dice — perché il fascicolo sulla fuga notizie non è esistito fino all’aprile 2021, data in cui, dopo aver dichiarato ai suoi capi d’aver consegnato i verbali a Davigo, ha lasciato l’indagine. A questo punto gli interrogativi — o le incongruenze — si moltiplicano.

Primo: perché lo stesso Storari, che pure ad aprile si era lamentato con Davigo (al punto di chiedere la sua tutela al Csm) del ritardo di quattro mesi per le mancate iscrizioni sulla Loggia Ungheria, non procede egli stesso, per quasi sei mesi – dal novembre 2020 all’aprile 2021 – ad aprire un fascicolo contro ignoti sulla fuga di notizie? Già sapeva che la lettera anonima consegnata dal Fatto a Storari e Pedio, che accompagnava il secondo plico di verbali inviati a novembre, conteneva indicazioni proprio sul Csm, lo stesso al quale Storari, attraverso Davigo, si era rivolto. Ne citiamo una: “Salvi (procuratore generale della Cassazione, ndr) è al corrente ma non vuole fare niente…”.

Ma c’è di più.  Ora risulta che Storari, dato il coordinamento investigativo con la Procura di Perugia, a fine marzo si ritrova a essere informato, con la collega Pedio, di un dettaglio ulteriore: una copia dei verbali è arrivata anche al consigliere del Csm Nino Di Matteo, che li ha ricevuti in un plico anonimo il 28 febbraio e alla fine di marzo ha denunciato a Perugia. Ma ancora non parla della sua consegna a Davigo. Negli stessi giorni, poiché una copia dei verbali è giunta anche alla cronista di Repubblica Liana Milella — anche lei deposita e denuncia — la Procura di Perugia e il Gico della Guardia di finanza individuano l’utenza telefonica che le annunciava l’invio dei verbali: un numero del Csm.

Storari ne viene messo al corrente con la collega Pedio: ma continua a tacere. Al Fatto risulta che Storari riceve anche l’informativa della Guardia di finanza che indaga sull’invio del plico. E viene informato sull’autrice dell’invio: Marcella Contrafatto, la ex segretaria di Davigo al Csm (che viene pensionato a ottobre e per quanto ci risulta non sapeva di queste spedizioni). Ma ancora non si astiene, benché Pedio gli comunichi in via informale che vorrebbe indagarla (e persino arrestarla, ipotesi poi tramontata) per ricettazione: perché, fino a quel momento, l’ipotesi investigativa principale è che i verbali siano stati trafugati dai computer di Storari e Pedio. Storari, a proposito dell’ipotesi di iscrivere e magari arrestare Contrafatto, replica solo che avrebbe voluto pensarci.

di Gianni Barbacetto e Antonio Massari, Il Fatto quotidiano, 1 agosto 2021
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